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I 100 senatori scelti dai consigli regionali. Ma l'interpretazione rimane un mistero

La norma non è chiara e rimanda alle leggi ordinarie. Più competenze per la Camera alta che eleggerà anche due giudici della Consulta

I 100 senatori scelti dai consigli regionali. Ma l'interpretazione rimane un mistero

RomaUn'elezione non è proprio come una ratifica. E una nomina «in conformità alle scelte» dei cittadini non significa esattamente l'applicazione di un designazione popolare, come voleva la minoranza dem, tanto più che nel testo c'è una frase, «secondo le modalità stabilite dalla legge ordinaria», che lascia altri margini di dubbio. Quale legge? Come? Nei giorni scorsi si è parlato molto di copiare il Tatarellum, il vecchio sistema in parte maggioritario e in parte proporzionale che prevedeva il listino, cioè un elenco di nomi collegati al candidato governatore. La bocce non sono ancora ferme, ma quel modello potrebbe essere ricilcato per Palazzo Madama, con gli elettori che votano alle Regionali scegliendo, in un listino, i consiglieri che occuperanno pure uno scranno nella ex Camera alta. Doppio incarico? Dopolavoro Senato?

Saranno solo dettagli ma, al termine di un lungo duello più semantico che politico, la sinistra Pd forse si trova in mano meno del previsto. Comunque la notte ha portato l'accordo che ricompatta il partito e tranquillizza il premier. L'intesa, da confernare in aula, è stata costruita su tre emendamenti depositati a nome di tutti da Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionale di Palazzo Madama. Il primo riguarda l'articolo 2 della riforma Boschi, quello su cui si è consumato il braccio di ferro. Ecco il frutto di una battaglia durata mesi: «La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge». In sostanza, i 100 senatori saranno eletti dai consigli regionali, che dovranno tener conto del voto popolare. E la durata del mandato «coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti».

Il secondo emendamento allarga leggermente le competenze. Il Senato, che passa da 315 a 100 componenti, dovrà «verificare l'impatto delle politiche dell'Ue sui territori», valutare «l'attività delle pubbliche amministrazioni», dare pareri «sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti», verificare «l'attuazione delle leggi dello Stato» ed esercitare «funzioni di raccordo fra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica». Ritocchi, la sostanza non cambia: sarà solo la Camera ad approvare le leggi, tranne le riforme costituzionali, a votare la fiducia ai governi, ad avere l'ultima parola sulle leggi di bilancio. E sarà il presidente di Montecitorio il nuovo supplente del capo dello Stato.

In compenso spetterà di nuovo a Palazzo Madama scegliere due giudici della Consulta.

«La Corte Costituzionale - si legge nel terzo emendamento - è composta da 15 giudici, dei quali un terzo nominati dal presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature, ordinaria ed amministrativa, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato».

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