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I 16 frati pastori e muratori che oggi ridonano la vita

Cucinano per gli sfollati, lavano i corpi delle vittime. È grazie a loro se il convento di Rotella è rimasto in piedi

I 16 frati pastori e muratori che oggi ridonano la vita

da Rotella (Ascoli Piceno)

Fra Giuseppe l'avevamo lasciato a montare le tende della Protezione civile ad Arquata, ora sta passando il battitappeto nel convento benedettino appena ristrutturato. Fra Vincenzo e fra Maurizio sono partiti di prima mattina per l'obitorio dell'ospedale di Ascoli Piceno. Accolgono i corpi delle vittime, li lavano prima che i parenti lì riconoscono. Le loro dita sanno sfiorare quei visi come se avessero carezze nelle mani. Le stesse mani che caricano e scaricano casse d'acqua, stringono spalle, cambiano le marce per spostarsi veloci sulla Salaria di paese in paese. «Sono stupito dei miei ragazzi», abbassa gli occhi padre Roberto nella sala da pranzo del convento. «Fanno cose che non avevano mai fatto prima». Hanno tra i 20 e i 42 anni, frati tutti italiani, un miracolo della statistica in tempo di crisi delle vocazioni. Volano tra i paesi del terremoto infilandosi sacchetti dell'immondizia addosso per fare i lavori più umili, si sono offerti per cucinare e pulire, del resto con 130 capre sono eccezionali artigiani del formaggio e sanno come manovrare i fornelli. Gli angeli con i sandali, i frati ovunque, i soccorritori factotum, sono sedici, 14 in giro sui luoghi del terremoto, due a presidio della comunità Il Mandorlo, a Rotella, alle spalle del Monte dell'Ascensione da appena un anno. Anno in cui i giovani fraticelli, che si professano benedettini francescani, hanno ristrutturato dopo quattrocento anni di abbandono l'antico convento, facendo i muratori, liberando la stanza dove dormì San Francesco che era stata trasformata in stalla e la chiesa coperta alla vista dalle sterpaglie.

Chi li vede non si capisce bene chi siano, fraticelli, giovanotti, angeli a piedi nudi, ma moltissimi terremotati si stanno affidando a loro. «Quanta umiltà abbiamo visto a Pescara del Tronto. Stavamo accanto alle famiglie che avevano perso figli genitori, e non un'imprecazione. Ormai siamo diventati amici», racconta Padre Roberto, che a Isernia ha saputo riscaldare alla fede i cuori di tutti questi ragazzi provenienti da Sicilia, Campania, Toscana: con lui hanno preso i voti e lo hanno seguito fin quassù. Da mesi migliaia di persone delle Marche e dell'Abruzzo vengono da Roberto a chiedere consigli, a parlare.

Non capivano chi fossero questi frati, così giovani e capaci di fare qualsiasi cosa, nemmeno gli ispettori del lavoro passati dalle parti di Rotella qualche mese fa. «Volevano arrestarci tutti racconta Fra Marco. 34 anni, della provincia di Caltanissetta, accogliendoci nel monastero mentre sta lavorando il formaggio nel pentolone con un ragazzo pronto al noviziato . Abbiamo dovuto mostrare la carta d'identità per spiegare che siamo frati». La proposta di venire a Rotella era arrivata dal vescovo di Ascoli, Giovanni d'Ercole. I fondi per la ristrutturazione li hanno offerti imprenditori della zona. «Ma ci guidava un ingegnere, che quando pensammo di non montare le catene e i tiranti dei muri per risparmiare, ci disse: tagliate su qualsiasi altra cosa ragazzi, ma su questo no: E così la notte del terremoto, quando i frati erano appena arrivati da un pellegrinaggio nel Lazio, le millenarie mura dell'eremo di San Francesco hanno oscillato con violenza ma sono rimaste in piedi. Il restauro a tempi record ha avuto subito una prima prova sul campo. È stato proprio il vescovo a chiamare all'alba i ragazzi del Mandorlo: «Qui non abbiamo televisione». Ma le pulizie all'interno dello splendido chiostro perfettamente intatto vanno avanti come se fossero giorni normali.

Guanti, aspirapolvere e poi saio e via verso la Salaria per trasformarsi in psicologi, cuochi, facchini, ultima carezza per i morti.

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