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I buonisti copiano i "razzisti". Ora vogliono affondare i barconi

Hanno ricoperto di insulti gli esponenti del centrodestra, ma dopo la strage del Canale di Sicilia il dietrofront: "Pensavamo volessero sparare ai profughi..."

I buonisti copiano i "razzisti". Ora vogliono affondare i barconi

Che a farlo siano i marines dei Consubin o semplicemente dei droni telecomandati, l'idea di sabotare i viaggi della morte dalle coste libiche affondando i barconi dei trafficanti è ormai sul tavolo, condivisa da uno schieramento ormai vasto: dall'Unione europea a Francesco Rutelli, da Pierferdinando Casini a Massimo Cacciari, per finire con il premier Matteo Renzi. É una strada che gli stessi proponenti considerano non risolutiva, vista l'enorme pressione demografica e umanitaria dall'Africa settentrionale, ma considerata concretamente utile a fronteggiare l'emergenza e a impedire il ripetersi di stragi come quella di sabato scorso. «Opzione militare», ovvero affondare i barconi per togliere ai trafficanti i ferri del mestiere: su questa scelta c'è una vastità di consensi tale da interrogarsi su quale cortocircuito lessicale o pregiudizio ideologico abbia potuto innescare nei giorni scorsi la reazione furibonda alle prime uscite pubbliche a favore dell'affondamento.

A farne le spese per prima, come è noto, è stata la parlamentare del Pdl Daniela Santanchè, che per avere proposto l'affondamento si è scontrata non solo con una valanga di insulti personali, tra cui quello del vignettista Vauro, ma persino con l'indignazione di Alba Parietti: la quale poi ha fatto retromarcia, «credevo che volesse affondarli con i profughi a bordo». Eppure basta sfogliare le raccolte dei giornali e l'archivio delle notizie di agenzia per rendersi conto che la strategia di colare a picco la flotta delle organizzazioni criminali è da tempo una delle idee sul tavolo, anche da fonti non sospettabili di insensibilità umanitaria. E viene anzi da chiedersi se era indispensabile il sacrificio di altri settecento sventurati perché si passasse (ammesso che ora ciò avvenga) dalle parole ai fatti.

Di dare la possibilità alla Marina Militare di affondare i barconi aveva parlato senza che nessuno si scandalizzasse il ministro Angelino Alfano nell'agosto 2014, annunciando che la norma sarebbe stata inserita nel decreto legge sull'immigrazione. E il 7 gennaio scorso, in un'intervista al Giornale , l'ex sindaco di Roma ed ex presidente del comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti, Francesco Rutelli, aveva dichiarato testualmente: «L'Europa deve distruggere le barche gestite dai trafficanti di uomini prima che prendano il mare. L'Italia lo ha già fatto negli anni Novanta, in Albania». Anche lì, silenzio: nessuno si indignò con Rutelli, Vauro non gli dedicò vignette, la Parietti non insorse, ma, quel che è peggio, nessuno mosse un dito.

C'è voluta l'ecatombe di Lampedusa perché di misure concrete si tornasse a parlare, e che tra queste tornasse a venire indicata ai primi posti l'opzione militare: che può certamente avere contenuti più vasti, ma che nell'attacco alla logistica dei clan di trafficanti di esseri umani ha un elemento chiave. Eppure le reazioni, almeno fin quando non sono scesi in campo i portavoce della Ue a dire la stessa cosa, sono state furibonde. E quasi lo stesso vale per il «blocco navale» proposto dal leader leghista Matteo Salvini, tacciato di «sciacallo» dal governo e di «sciocchezza» dal Vaticano, ma oggi ufficialmente nel novero delle proposte operative e fatto proprio in diretta tv da Massimo Cacciari.

Gli sgangherati precedenti di Salvini, le violenze verbali anti-Islam della Santanchè autorizzavano a credere che intendessero proporre l'affondamento dei barconi con i migranti a bordo? Difficile crederlo, soprattutto leggendo con la doverosa attenzione quanto i due hanno dichiarato a botta calda sulla tragedia nel canale di Sicilia.

Certo, il fatto che in passato esponenti leghisti avessero fatto dichiarazioni crudamente esplicite («sono contento se affonda un barcone», Erminio Boso) ha contato: inevitabilmente.

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