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"I circoli in bolletta chiudono e loro buttano via i soldi così"

L'ex esponente dem: "Non serviva certo un mago del marketing per capire che la sconfitta è inevitabile"

"I circoli in bolletta chiudono e loro buttano via i soldi così"

Roma - C'era davvero bisogno di un guru, si chiede Stefano Fassina, «per capire che l'errore di Renzi è stato personalizzare il referendum?». E bisognava proprio spendere 400mila euro, spiega il leader di Sinistra italiana, ex viceministro all'Economia del governo Letta, uno che il Pd lo conosce bene, «per andare dritti verso una sconfitta?».

Ma è Jim Messina, l'artefice della vittoria di Obama nel 2012, di quella di Cameron al referendum sulla secessione della Scozia...

«D'accordo. Però mi pare che stavolta i risultati della consulenza americana non siamo molto incoraggianti per il Sì: Del resto fin dall'inizio era evidente che la personalizzazione imposta dal presidente del Consiglio era autolesionistica».

Questo è stato il primo consiglio di Messina a Renzi.

«Un consiglio tardivo, accolto poi in parte. Ma, ripeto, era una cosa lampante. Renzi ha cominciato a farsi da parte solo dopo la sconfitta alle amministrative. Tra il primo turno e il ballottaggio nessuno dei candidati sindaci lo ha più voluto sul palco perché faceva perdere voti. Per il referendum si è messo in moto lo stesso meccanismo».

Che può fare allora il guru per invertire la tendenza?

«Nulla. Il problema infatti è politico, non di comunicazione, e nasce dallo strappo compiuto facendo approvare la riforma costituzionale forzando il Parlamento, a colpi di fiducia, facendolo passare in un'aula semivuota e abbandonata dalle opposizioni. Ma le modifiche delle regole democratiche non si possono imporre a maggioranza».

Quindi il guru non serve.

«No, non serve. Qui ci troviamo di fronte a una questione sostanziale di politica che nessun mago del marketing potrà mai risolvere. Bisognerebbe cominciare riconoscendo l'errore, magari chiedendo scusa per non aver voluto coinvolgere l'opposizione nella riscrittura della Carta... non mi pare però che si stia manifestando questa intenzione».

Dunque, soldi buttati?

«Direi di sì».

E neanche pochi: 400mila euro è una bella parcella... Che ne pensa dal punto di vista etico?

«Che è una cifra enorme, uno sproposito per un partito che, peraltro, sta affrontando un periodo molto difficile sul piano economico. C'è un calo degli iscritti e dei contributi, ci sono diversi circoli costretti a chiudere i battenti perché non riescono a pagare l'affitto e le bollette. E poi si pagano 400mila euro allo stratega della comunicazione...».

Il comitato per Sì però sostiene che non si tratta di fondi sottratti al Pd. La parcella a Jim Messina e i manifesti sono stati pagati grazie ai contributi raccolti ai tavoli delle firme.

«Certo, il comitato del Sì può spendere come meglio crede i suoi soldi.

Ma al di là delle fonti del finanziamento, resta una decisione discutibile che riflette un'idea di politica molto lontana da un partito che dovrebbe essere legato alla gente e al territorio».

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