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Dopo i deputati Pd, anche il partito Comincia la rivolta contro il leader

Franceschini e Martina: basta forzature, Matteo stai calmo

Dopo i deputati Pd, anche il partito Comincia la rivolta contro il leader

Roma - Nel Pd si riapre il processo contro Matteo Renzi. La normalizzazione renziana del partito fallisce: il rischio di una nuova balcanizzazione tra correnti è dietro l'angolo. La leadership di Renzi appare di nuovo in bilico. L'apertura del segretario Pd a un'alleanza di centrosinistra con Giuliano Piasapia e il pieno sostegno al governo Gentiloni sono il frutto un lungo faccia a faccia con i collaboratori più stretti. Nel partito «personale» a trazione renziana cominciano ad aprirsi le prime crepe. Il fallimento della trattativa sulla legge elettorale rimette in discussione la linea politica del rottamatore. Nella notte post disfatta sulla legge elettorale, Dario Franceschini usa toni durissimi al Nazareno nel colloquio con Renzi: «Basta forzature sul voto anticipato. Così non si può andare più avanti», si sfoga Franceschini. Il ministro dei Beni culturali teme di mettere in crisi l'asse consolidato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella pur di assecondare la linea di Renzi. Franceschini consegna all'ex sindaco di Firenze un messaggio che ha il sapore di una minaccia: «Se si continua a bombardare l'esecutivo, la maggioranza del gruppo parlamentare del Pd, composta dalle correnti di Area dem, orlandiani e Sinistra è cambiamento, sarà costretta a sconfessare il segretario e garantire comunque l'appoggio a Paolo Gentiloni». Nel lunghissimo confronto, il ministro della Cultura pone a Renzi due condizioni per confermare la fiducia alla linea politica: riaprire il dialogo con le forze di sinistra e assicurare pieno sostegno fino al 2018 al governo. I toni utilizzati da Renzi a OreNove, la rassegna stampa ideata dal Pd, danno ragione alle posizioni di Franceschini: l'ex premier si mostra disponibile a riaprire il confronto sulla legge elettorale e accompagnare il lavoro dell'esecutivo fino alla scadenza naturale della legislatura. Anche l'operazione disgelo con il sindaco di Milano Beppe Sala, incontrato ieri al Nazareno, va nella direzione di abbandonare la strada della rottura con le forze di sinistra. Per una ragione semplice: Renzi è sotto attacco, non solo da parte della minoranza, come gli orlandiani, o di quella parte della maggioranza autonoma legata a Franceschini, ma anche da parte del gruppo di fedelissimi. Tra le defezioni in occasione del voto sull'emendamento alla legge elettorale che ha fatto saltare il banco ci sono alcuni parlamentari legati a Lorenzo Guerini, braccio destro dell'ex premier. Renzi rischia di perdere il controllo di partito e dei gruppi parlamentari. Il numero due del Pd, Maurizio Martina, in un'intervista al Messaggero, invita il segretario del Pd alla calma. «A non assumere decisioni affrettate». Un appello, dunque, a scartare l'ipotesi del voto anticipato. Il fallimento della trattativa sulla legge elettorale ha rimesso Renzi in assetto di combattimento: il leader dei Dem teme un doppio accerchiamento. Da un lato, l'esplosione di una nuova guerra tra le correnti nel partito mette in crisi la leadership di Renzi, dall'altro, la figura di Paolo Gentiloni che giorno dopo giorno raccoglie consensi. Dentro e fuori il Pd.

Il premier ha gestito in modo impeccabile le fasi della trattativa sulla legge elettorale, tenendo il governo lontano dallo scontro parlamentare. Una mossa che affida, ora, a Gentiloni la parte di serial killer di Renzi. Per dirla alla Alfano.

Ma anche di possibile nuovo federatore del centrosinistra.

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