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I dipendenti di Etruria denunciano i truffati È una guerra tra poveri

Gli ex funzionari della banca fallita fanno causa ai risparmiatori che li hanno accusati

I dipendenti di Etruria denunciano i truffati È una guerra tra poveri

Come era prevedibile, è finito tutto a scatafascio. I responsabili sono rimasti impuniti, nessuno (per ora) è stato sanzionato, i dirigenti di Banca Etruria, a cominciare dal suo ultimo vice presidente Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena, hanno mantenuto i loro privilegi, senza perdere nemmeno un euro. Gli unici a rimetterci, come al solito, i disgraziati.

Siano essi i risparmiatori truffati dalla banca che gli ex dipendenti dell'istituto, in parte trasferiti, in parte liquidati. Sono 500 i fascicoli aperti per truffa: uno per ogni esposto. Ad ottobre inizierà il primo processo per una quindicina di funzionari.

Questa infelice guerra tra poveri ha un triste epilogo: come in un malinconico film western, gli ultimi si fanno fuori tra di loro. Una gazzarra informe che vede gli uni contro gli altri, e i sindacati degli uni contro quelli degli altri. In fondo, non poteva che finire così una storia, che già in partenza, aveva contorni così squallidi.

Adesso i dipendenti dell'ex Banca Etruria, accusati per mesi di essere dei truffatori incalliti, sono passati al contrattacco e hanno controdenunciato i risparmiatori azzerati che a loro volta avevano citato in giudizio alcuni dipendenti della banca aretina. Scene pietose. Mentre i responsabili di questo scempio sono a spasso indisturbati (assolto l'ex presidente Giuseppe Fornasari, l'ex direttore generale Luca Bronchi e il dirigente David Canestri dall'accusa di ostacolo alla vigilanza), senza che i loro patrimoni sia stati minimamente intaccati, gli ultimi si danno battaglia. L'udienza preliminare per bancarotta fraudolenta è in calendario il 22 giugno: davanti al giudice 20 dei 22 finiti nel mirino dei pm.

Alcuni ex funzionari Etruria si sono rivolti alla Cisl di Arezzo che non ha esitato a schierarsi contro i risparmiatori. «Le accuse di quegli obbligazionisti che, vistisi azzerati gli investimenti, hanno cercato un capro espiatorio nei lavoratori, facendo loro causa, si rivolteranno come un boomerang contro gli accusatori che hanno dichiarato il falso o hanno simulato reati inesistenti», la spara grossa la Cisl. Il punto cardine è sempre quel maledetto questionario Mifid fatto compilare ai clienti. Il sindacato sostiene che i risparmiatori non rilasciarono i questionari ai dipendenti oggi sotto processo, come dichiarato dai querelanti, bensì ad altri funzionari, diversi mesi prima della conclusione dell'investimento. «In pratica - dice la Cisl -, i supposti raggiri, consistenti nell'ingannevole attribuzione di un profilo di rischio al cliente, sono inesistenti, in quanto non furono posti in essere dagli imputati». Allora, non è stato nessuno. I profili di rischio sono piovuti dal cielo. E la guerra si scatena tra gli indigenti.

La vicenda, però, ha aspetti ancora più grotteschi. Come Matteo Renzi che dice ai suoi collaboratori «dobbiamo inchiodare i grillini sui vaccini. Questa deve essere la loro Banca Etruria». Il coraggio non gli è mai mancato, soprattutto nel dire castronerie.

L'altra cosa sono gli arbitrati. Il Consiglio di Stato ha dato l'ok. «Ma è una presa di giro - dice Letizia Giorgianni, presidente dell'Associazione Vittime del Salva Banche -, solo un modo per prendere altro tempo. Da qui che usciranno nella Gazzetta Ufficiale faranno in tempo ad inserirci anche i risparmiatori Mps e di altre banche».

Come diceva lo scrittore francese Paul Brulat: «Niente costa tanto caro come essere poveri».

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