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Cherif e Said, i due orfani dal rap alla guerra santa

I fratelli super ricercati sono francesi  di origini algerine. Il minore diceva in televisione: "Sono pronto al martirio"

I fratelli Kouachi, killer dell'assalto a Charlie Hebdo
I fratelli Kouachi, killer dell'assalto a Charlie Hebdo

In poche ore sono diventati gli uomini più ricercati di tutta la Francia. I due fratelli Cherif e Said Kouachi, 32 e 34 anni, sono sospettati d'essere gli uomini armati e incappucciati che mercoledì mattina hanno portato a termine la strage alla redazione del settimanale Charlie Hebdo . Migliaia di poliziotti e agenti delle forze di sicurezza francesi sono sulle loro tracce. Ieri in serata rimanevano però latitanti.

Nonostante i video dell'attentato mostrino due miliziani capaci di portare a termine una strage con precisione militare, il loro passato racconta una storia di sobborghi e crimini più che addestramento alla guerra. I due hanno origini algerine, sono rimasti orfani giovani con altri tre fratelli, hanno passato diversi anni in orfanotrofio e sono cresciuti tra il XIX arrondissement parigino e un quartiere popolare della cittadina di Reims, 90 chilometri a est di Parigi, dove mercoledì sono entrate in azione le forze speciali. Secondo alcuni giornali francesi il maggiore, Said, viveva ancora lì con una moglie e due figli prima dell'attentato di mercoledì.

I nomi dei due fratelli erano da diversi anni sui registri dei servizi di sicurezza (e anche sulle liste no-fly degli americani), soprattutto quello del minore, Cherif. È lui che nel 2005, quando faceva consegne a domicilio per una pizzeria, è arrestato mentre si appresta a partire per l'Irak, durante gli anni della guerra e dell'invasione americana, per il suo coinvolgimento nelle attività di una rete che si occupava di reclutare combattenti nelle file di gruppi estremisti islamici. Fu allora condannato a tre anni di detenzione di cui scontò 18 mesi.

Interrogato sulle ragioni che lo avevano portato ad arruolarsi, Cherif raccontò di averlo fatto dopo aver visto le immagini delle torture americane nella prigione di Abu Ghraib, Irak. Per la partenza, si era preparato facendo jogging qualche volta alla settimana e dopo aver preso una lezione di un'ora su come utilizzare un kalashnikov da un certo Samir. Il legale che seguì il suo caso, intervistato allora dal quotidiano Libération , ricordava «un cannaiolo più che un islamista», e questo profilo, a metà tra il ragazzo problematico della banlieue parigina e il devoto attratto dalle moschee salafite dei sobborghi, è quello che emerge oggi dai racconti della stampa.

Nel 2008, ai tempi del processo a lui e altri giovani coinvolti nella rete di reclutamento per l'Irak, la tv francese aveva mandato in onda un video in cui si raccontava la storia proprio di Cherif, che qualche anno prima si era detto «pronto al martirio», sollevato dal fatto di non essere partito per Irak dove tre dei dodici ragazzi del gruppo, conosciuti in moschea, erano stati uccisi. Uno degli uomini allora arrestati, Boubaker El Hakim, dopo aver scontato la pena è partito per la Tunisia dove è tra gli estremisti più ricercati del Paese, sospettato di coinvolgimento nell'assassinio di due politici dell'opposizione di sinistra nel 2013.

Nel filmato, si racconta uno Cherif interessato al rap: compare in un video musicale come «Jihadi John», l'ex rapper britannico Abdel-Majed Abdel Bary, l'incappucciato tristemente noto per aver barbaramente ucciso il giornalista americano James Foley.

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