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I graffiti al bivio: arte o sporcizia? In America lo decide un giudice

Abbattuta la Mecca dei writers. Causa contro il proprietario

I graffiti al bivio: arte o sporcizia? In America lo decide un giudice

New York - I graffiti sono una forma d'arte? O meglio, sono una forma d'arte degna di protezione della legge? È quanto si deciderà al termine di un processo senza precedenti che ha preso il via a New York. Oltre 20 artisti, autori dei murales di 5Pointz, gli edifici di Long Island City, nel Queens, considerati la mecca dei graffiti, hanno fatto causa al proprietario che li ha demoliti. E al termine della battaglia legale si deciderà se le loro opere devono essere considerate una forma d'arte, protetta dalle norme federali. Tutto è iniziato nel 1993, quando la zona era nella morsa dalla criminalità e Jerry Wolkoff, proprietario degli edifici al 45-46 di Davis Street, tra la ferrovia e Jackson Avenue, ha permesso a un gruppo di artisti di strada di decorare le pareti esterne con una serie di murales. 5Pointz è così diventata una meta turistica in grado di attirare migliaia di visitatori, e per quasi 20 anni è stata considerata il cuore della street art della Grande Mela. Oltre ad aver dato una spinta significativa alla trasformazione di Long Island City, diventata un vivace quartiere residenziale.

Gli artisti hanno fatto di tutto per evitare la demolizione, chiedendo ai funzionari di New York di attribuire agli edifici lo status di landmark, di monumenti cittadini. Un tentativo andato a vuoto che non ha fermato l'avanzata delle ruspe: nel novembre 2013 le palazzine sono state imbiancate, e poco dopo abbattute per far posto a due grattacieli di lusso. Nemmeno questo, però, ha fermato i graffitari, che due anni dopo hanno deciso di fare causa al proprietario appellandosi al Visual Artists Rights Act (Vara), un codice che tutela i diritti degli artisti quando la proprietà dell'autore non coincide con quella materiale. Proprio come accade nel caso di murales realizzati su case private. La normativa prevede tuttavia diverse limitazioni, a partire dal fatto che le opere devono avere un «valore riconosciuto». Gli avvocati di Wolkoff sostengono che gli artisti conoscevano perfettamente i piani di lungo periodo sulla destinazione dell'edificio, e avrebbero dovuto agire di conseguenza se tenevano così tanto alle loro opere.

Mentre per il legale dei graffitari, «questo è un caso sul rispetto della proprietà delle persone». «Dobbiamo amare l'arte, non distruggerla», ha detto Eric Baum davanti a una Corte federale di Brooklyn. Gli artisti sono convinti che i 51 murales di cui si parla nelle carte del procedimento fossero opere d'arte di importanza riconosciuta (come prevede il Vara), valutate tra i 50mila e gli 80mila dollari l'una. Oltre ad affermare che l'immobiliarista non gli ha concesso il giusto preavviso di 90 giorni prima di abbattere le strutture. Anche secondo il legale del proprietario, David Erbert, 5Pointz era un «luogo fantastico», che peraltro Wolkoff ha contribuito a creare. Ma ha pure precisato che la legge in questione è irrilevante in questo caso: «Il Vara non protegge gli edifici, protegge l'arte». Oltre al fatto che a suo parere gli artisti hanno distrutto più murales di quanto abbia fatto Wolkoff, visto che «nell'ultimo decennio almeno 11mila graffiti sono stati realizzati e coperti»: questo «era l'accordo a 5Pointz».

In gioco, oltre al risarcimento per le opere andate distrutte, c'è soprattutto la possibilità di arrivare allo storico riconoscimento di «arte protetta» anche per la street art.

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