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Ma i guai di Lazio e Sicilia riportano in ballo i dem. E ricomincia il corteggiamento ai Cinque stelle

Zingaretti punta sulla desistenza dei grillini, nell'Isola le opposizioni si compattano

Ma i guai di Lazio e Sicilia riportano in ballo i dem. E ricomincia il corteggiamento ai Cinque stelle

Roma - La trattativa per la formazione del governo si intreccia con un'altra partita che si gioca in Sicilia e nel Lazio. Lo schema su cui M5s e centrodestra lavorano per dar vita a un esecutivo rischia di essere legato al destino politico dei due governatori, Nello Musumeci e Nicola Zingaretti. La bocciatura in Sicilia del Defr (approvato ieri nella seconda seduta dell'Ars) con il voto contrario, ma compatto, di Pd e M5s e l'avvio del Zingaretti bis, grazie al patto di desistenza con i grillini, potrebbero rallentare il lavoro di ricucitura e mediazione che i leader di Lega, M5s e Forza Italia stanno mettendo in campo per arrivare a una maggioranza in Parlamento. In terra sicula, Pd e M5s hanno votato insieme contro il documento proposto dalla giunta guidata da Musumeci. Un segnale che potrebbe rimescolare le carte anche sul piano nazionale, sconfessando chi vedeva già in Sicilia un avvicinamento tra M5s e centrodestra. Anzi, il voto di due giorni fa all'assemblea regionale ha capovolto il tavolo, riproponendo lo schema dell'asse tra Pd e M5s. Che poi è lo schema sui cui Zingaretti, riconfermato il 4 marzo scorso alla guida della Regione Lazio, lavora per assicurarsi una maggioranza.

In Sicilia, Musumeci, che ieri ha nominato il nuovo assessore ai Rifiuti, Alberto Pierobon, era chiamato al primo vero esame: l'approvazione del piano che fissa le linee di governo e gli obiettivi da raggiungere nei prossimo triennio. Missione fallita al primo tentativo: l'Assemblea di Palazzo dei Normanni ha bocciato il documento, rispendendolo in commissione Bilancio. Al netto delle conseguenze che lo stop avrà sull'attività della Regione, emergono due dati politici: l'assenza di una maggioranza per il governatore e il ripiegamento del M5s sulle posizioni del Pd. Il presidente della Regione sperava nell'effetto Fico-Casellati: l'accordo tra centrodestra e M5s per l'elezione dei presidenti di Camera e Senato avrebbe spinto i consiglieri grillini siciliani a segnali di apertura. Speranza vana: non solo il gruppo pentastellato ha votato contro il provvedimento dell'esecutivo di centrodestra ma ha usato toni durissimi contro Musumeci: «Le parole di un oltremodo innervosito e arrogante Musumeci, che pretende di fare pure la paternale, sono irricevibili. Musumeci dovrebbe avere rispetto per la Sicilia e compiere un gesto di grande responsabilità, prendendo atto che non ci sono più le condizioni minime per governare: si deve dimettere». Parole che ricalcano il messaggio dei democratici: «Musumeci - spiega Daniele Vella, componente della direzione regionale del Pd - dovrebbe spiegare alla Sicilia come intende proseguire la sua esperienza di governo. Perché una maggioranza così allo sbando e un governo immobile, che in questi mesi non ha presentato nessun disegno di legge per lo sviluppo della nostra terra, non è ciò che ci meritiamo». Il M5s gioca di sponda con il Pd in Sicilia.

Come nel Lazio, dove Zingaretti, senza i numeri in Consiglio regionale, ha varato la nuova giunta della Pisana, provocando subito lo strappo di Leu. Ma il presidente punta tutto sul patto di desistenza con Roberta Lombardi, candidata alla guida della Regione con il M5s.

Uno scenario collegato a equilibri locali di cui tener conto in vista di una futura alleanza nazionale M5s-centrodestra.

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