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I guai di papà Alfano e quell'improvvisa rinuncia di Angelino

A dicembre il ministro annuncia di non ricandidarsi. E ora il padre viene indagato

I guai di papà Alfano e quell'improvvisa rinuncia di Angelino

Nell'inchiesta sulla Girgenti Acque di Agrigento che sta interessando il padre di Angelino Alfano, Angelo, spiccano due cose. La prima è che la famiglia del ministro degli Esteri non ha fantasia per i nomi e la seconda è che il papà, ex democristiano, ex vicesindaco di Agrigento, malgrado l'età (81 anni), è ancora oggi un bel traffichino. Un modo di fare che ricorda quello di altri genitori eccellenti (leggi Renzi, Boschi e Lotti).

Spulciando i gravissimi reati che coinvolgono 73 indagati (tra cui un prefetto, un ex governatore, un ex presidente della Provincia, un ex direttore dell'Agenzia delle Entrate, un ex direttore dell'Inps, il presidente dell'Antitrust) che vanno dall'associazione per delinquere alla truffa, dalla corruzione al voto di scambio, dal riciclaggio alle false comunicazioni sociali fino all'inquinamento ambientale, si capisce perché, il 6 dicembre scorso, Angelino, a sorpresa, abbia annunciato che non si sarebbe ricandidato alle prossime Politiche (dopo 4 legislature, dal 2001). Si sarebbe trovato a fare il capolista del suo partitino nel pieno di una tempesta giudiziaria. «Voglio compiere questo gesto perché quello che ho fatto in questi anni è stato dettato da una sincera passione per l'Italia. Mi riprendo un pezzo della mia vita fuori dal palazzo», disse. Lo fece passare come un gesto valoroso invece il sospetto oggi è che fosse già a conoscenza di tutto: che suo padre era implicato in un grosso casino che rischiava di abbatterlo. La storia è quella di assunzioni pilotate per parenti ed amici fatte dalla Girgenti Acque, società di gestione del servizio idrico e fognario in molti comuni della provincia della città dei Templi, in cambio di favori. Le responsabilità che ricadono su Angelo Alfano fanno proprio capo a questo. Scavando nella famiglia del ministro si scopre che in tanti hanno fatto carriera. Tutti assetati di incarichi e posti di potere. Nel luglio 2016 scoppia l'inchiesta su tangenti, politica e imprenditoria, che coinvolge il fratello del ministro, Alessandro. Il faccendiere Raffaele Pizza, finito poi agli arresti, avrebbe fatto assumere Alessandro Alfano in una società del gruppo Poste Italiane. E anche lì spunta il nome del padre Angelo in una intercettazione riguardo a 80 curriculum che avrebbe caldeggiato per assunzioni in Poste Italiane. È Marzia Capaccio, segretaria di Pizza, a rivelarlo: «...mi ha chiamato suo padre... mi ha mandato ottanta curriculum... ottanta... e dicendomi...non ti preoccupare....tu buttali dentro». La stessa cosa che avrebbe fatto per la Girgenti Acque.

Poi c'è la moglie di Angelino, Tiziana Miceli, avvocato civilista, che a incarichi sta messa bene: ne ha ricevuti cinque dalla Consap, la concessionaria dei servizi assicurativi pubblici. La delibera portava la firma di Mauro Masi, ad di Consap ed ex dg della Rai. Poi la Miceli ha ottenuto incarichi anche dalla Provincia di Palermo e dall'Istituto autonomo case popolari. Poi arrivano i cugini. Antonio e Giuseppe Sciumè, dirigenti di Rete ferroviaria italiana e di Blueferries e Viviana Buscaglia, assunta all'Arpa Sicilia.

Per gli «Alfano's» le assunzioni sono diventate uno sport.

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