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I lombardi sono i più tartassati d'Italia

La Cgia di Mestre: pagano più del doppio dei siciliani. Ma nelle casse della Regione restano le briciole, allo Stato l'80,7%

RomaOgni lombardo versa in media annualmente all'erario 11.386 euro. Più del doppio di un siciliano e quasi il doppio di un calabrese. E comunque più di ogni altro italiano. A mettere sul podio dei tartassati d'Italia la Regione governata da Roberto Maroni è uno studio della Cgia di Mestre che ha messo a confronto il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese in tutte le Regioni d'Italia. Al secondo posto ci sono i residenti laziali con 10.763 euro pro capite e al terzo quelli dell'Emilia Romagna con 10.490 euro.

Attenzione i lombardi sono i più tartassati ma non per questo vedono premiate le casse della loro Regione. L'Ufficio studi degli artigiani di Mestre infatti rileva pure quale sia la distribuzione del gettito tra Enti locali, Regioni e Stato. La media italiana è di 8.824 euro per abitante. Lo Stato ne incassa più dell'80 per cento, ovvero 7.124 euro; un esiguo 10,2, pari a 902 euro, va alle Regioni; infine solo il 9 per cento, pari a 798 euro, va a Comuni, Province e Comunità montane. Sopra la media nazionale, ovvero 8.824 euro, troviamo anche i residenti del Trentino Alto Adige con 10.333 euro pro capite e quelli della Liguria, 10.324. Molto al di sotto invece i campani con 6.041; i calabresi con 5.918; ultimi i siciliani con 5.598 euro.

Se si guardano i dati riferiti alle macro aree la media del Nordovest (10.828); del Centro (9.868); del Nordest (9.819) è superiore alla media nazionale. Molto al di sotto invece il Sud con una media di 6.137 euro pro capite.

«Questi dati dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale il livello di reddito e in linea di massima anche la qualità e quantità dei servizi offerti in un determinato territorio - dice Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre - Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e in linea di massima gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore».

I calcoli e le analisi della Cgia di Mestre non portano buone notizie per imprenditori e contribuenti. Nell'anno in corso la pressione fiscale dovrebbe attestarsi intorno al 43,2 per cento. In lievissima diminuzione, 0,1, rispetto al dato del 2014. Nel 2016 è previsto invece un nuovo aumento su fino al 43,7 per cento. L'ipotesi dell'aggravio fiscale scaturisce dall'incremento di un punto della pressione tributaria e dalla diminuzione di 0,6 punti di Pil dei contributi sociali. Nella legge di Stabilità è stato fissato per il 2016 l'aumento dell'Iva e delle clausole di salvaguardia sulle accise.

Ma come si fa ad imporre una pressione fiscale oltre il 43 per cento? Ci vuole fantasia ed infatti i nostri governanti ne hanno evidentemente molta riuscendo così a moltiplicare gli incassi grazie a nomi fantasiosi come Iva, Ires, Irap, Irpef, Tasi, Tarsu. È sempre la Cgia di Mestre ad aver calcolato che sono circa un centinaio le tasse che affollano gli incubi degli italiani anche se, ad esempio nel 2013, sono soltanto una decina le imposte che hanno garantito oltre l'80 per cento delle entrate del fisco e tra queste appunto l'Iva, l'Ires, l'Imu, l'imposta sui tabacchi e quella sul lotto.

Per l'anno appena trascorso, il 2014, la creatività dell'Agenzia delle Entrate ha partorito anche la tassa del 58,5 per cento sulle sigarette elettroniche e l'aumento di 6 punti di percentuale del balzello sulla pausa caffè, ovvero sui distributori automatici di alimentari e bevande.

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