Politica

I Magnifici sette catalani? In carcere come in un hotel

Cibo a volontà, niente orari e feste per i «prigionieri politici» promotori del referendum indipendentista

Roberto Pellegrino

Barcellona I secondini del penitenziario catalano di Lledoners li chiamano «I magnifici sette» per i privilegi che sono riusciti a ottenere rispetto agli altri detenuti del carcere. Loro sono «i prigionieri politici» di Madrid, secondo l'informazione sovranista, i fautori del referendum indipendentista illegale che da un anno scuote la comunità più ricca di Spagna. Girano indisturbati per gli spazi dell'edificio detentivo e rientrano nelle loro celle soltanto poco prima di dormire. Per Oriol Junqueras, ex vicepresidente del Governo della Catalogna, sciolto nel 2017 da Madrid e agli altri suoi collaboratori e colleghi, tra parlamentari e attivisti, come Raül Romeva, Josep Rull, Jordi Turull, portavoce della Generalitat, Joquin Form, e i due Jordi, Sànchez e Cuixart, le regole del penitenziario non significano nulla. La situazione, divenuta insopportabile, è stata denunciata con dovizia di testimonianze dal capo delle guardie carcerarie al direttore del penitenziario di Lledoners.

Per settimane erano soltanto voci, poi lo scorso primo ottobre, il party di compleanno organizzato a sorpresa in carcere per Jordi Sànchez dai suoi colleghi detenuti e i parenti, ha esasperato la vigilanza. «Per loro non siamo guardia da rispettare e temere, ma camerieri», s'è lasciato sfuggire a radio Cadena Ser uno dei rappresentanti sindacali dei secondini.

Nel documento ufficiale, finito nelle mani del ministro degli Interni Fernando Grande-Marlaska, i sette imputati (tutti in attesa di giudizio) per sedizione, disobbedienza, ribellione e sottrazione di soldi pubblici per fini elettorali, utilizzano la struttura come un hotel. Benché vietato dal regolamento, possono accedere ai telefonini e a pc portatili con collegamento a Internet. Ricevono visite di colleghi, funzionari e parenti in qualsiasi giorno e a qualsiasi ora, fregandosene degli orari ufficiali. In cella non ci stanno mai, se non la notte, quando sono su Skype o in chat, si incontrano in sala mensa non all'ora consentita, pranzano e cenano agli orari che decidono loro e col cibo che ordinano al telefono o che gli portano gli amici, usando i secondini come galoppini. Il tutto giustificato da presunti incarichi pubblici, quando sono stati sollevati da ogni incarico governativo per l'arresto e l'applicazione dell'articolo 155 che ha commissariato le istituzioni catalane per cinque mesi, licenziando tutti i funzionari.

La notte del 1° ottobre scorso, quando la Catalogna festeggiava il primo anniversario del referendum per l'autodeterminazione che, secondo i dati della Generalitat, privi d'oggettività per la mancanza di un censo elettorale, davano gli indipendentisti a due milioni, anche nel carcere di Lledoners si faceva fiesta per ben due volte: era anche il compleanno di Sànchez, l'attivista catalano fermato con il bagagliaio dell'auto pieno di cartelle elettorali fresche di stampa. Il quotidiano El Confidencial scrive che in una giornata, almeno una ventina tra politici, giornalisti, amici e parenti visitano i sette. Fino a maggio ciò era più complicato: nel carcere madrileno di Soto del Real i sette non avevano tutte queste libertà. Le visite erano limitate ai legali e ai parenti, per collegarsi in diretta in tv dovevano avere il permesso del direttore del penitenziario e durante il giorno dividevano le celle con rapinatori, spacciatori e uxoricidi.

Il trasferimento in Catalogna, su pressione della Generalitat, li ha miracolati.

Commenti