Politica

I migranti nei centri: si fanno espellere per restare in Italia

È successo nell'hotspot di Taranto: in 200 hanno rifiutato la protezione e sono partiti per le città del Nord

Bepi CastellanetaÈ il nuovo hotspot realizzato in Puglia per l'emergenza migranti: rischia di diventare una fabbrica di clandestini. Nel senso che in tanti, una volta entrati dopo il soccorso in mare, preferiscono uscire da quei cancelli con un foglio di espulsione che consente comunque la circolazione in Italia per una settimana; a quel punto in teoria dovrebbero lasciare il Paese, ma in pratica hanno di fatto la possibilità di confondersi nell'esercito degli irregolari che popola piccole e grandi città italiane.È quanto accade a Taranto: circa 200 persone accolte nei giorni scorsi, la maggior parte proveniente dal Marocco, hanno deciso di rifiutare la protezione internazionale preferendo intascare il provvedimento di espulsione. Risultato: a decine si sono precipitati alla stazione per salire sui primi treni diretti al Nord. E mentre alcuni sono rimasti a terra perché non avevano i soldi per pagare il biglietto e hanno trascorso la notte in una vecchia palestra divenuta sede della Protezione civile, altri ci sono riusciti e sono partiti con la prospettiva di consegnarsi a una ordinaria clandestinità. Che comincia e prosegue in territorio italiano. «Il ministero dell'Interno ci dica come ci dobbiamo comportare», dice il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno. Il quale da medico più volte è accorso al porto per prestare le cure ai disperati dopo gli sbarchi, ma ora chiede un intervento del governo: «Ci siamo attivati per garantire almeno un posto dove dormire, ancora una volta però lavoriamo nell'emergenza», dichiara. Eppure l'hotspot di Taranto doveva essere il simbolo di una nuova stagione sul delicato fronte dell'accoglienza. E tutto sommato è stato realizzato in tempi piuttosto rapidi per arginare il flusso dei migranti con regole certe e procedure rigide volute dalla Commissione europea. Da Bruxelles era partita la sollecitazione a inserire nella banca dati nomi e nazionalità dei disperati soccorsi in modo da scongiurare il rischio che l'Italia continuasse a rivelarsi terra di passaggio privilegiata da quanti intendono riversarsi in Austria, Germania, Francia, Olanda e Svezia. La struttura, allestita in un ex parcheggio del porto, ha aperto i battenti con un investimento di 900mila euro: superficie di diecimila metri quadrati, 400 posti, una mensa, ambulatori e una decina di prefabbricati con gli uffici per controllo dei documenti, fotosegnalazioni e impronte digitali. Operazioni tutt'altro che facili, visto che anche qui c'è chi rifiuta di lasciarsi prendere le impronte. Fatto sta che centinaia di persone provenienti da Sicilia e Calabria sono arrivati in Puglia con diversi autobus secondo quella che doveva essere una procedura voluta per archiviare gli anni dell'emergenza. Ma in realtà le nuove norme europee si scontrano con le vecchie leggi italiane. E così la metà dei 400 migranti trasferiti dalla Calabria tre giorni fa ha lasciato il centro con il foglio di espulsione che accorda sette giorni di tempo sul territorio nazionale.

Nel provvedimento firmato dal questore si precisa che «non è possibile eseguire l'accompagnamento alla frontiera poiché bisogna procedere ad accertamenti supplementari in ordine all'identità e non si può neanche eseguire la misura del trattenimento».

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