Brexit

Tra i nostri connazionali è panico: "Che fine faremo?"

I lavoratori concordano: "Le rassicurazioni del nostro Governo non bastano. Abbiamo brutti presentimenti"

Tra i nostri connazionali è panico: "Che fine faremo?"

Ha un bel dire il ministro degli Esteri, Gentiloni, che il Governo italiano «veglierà sul rispetto dei diritti acquisiti dai cittadini italiani tanto nell'immediato quanto nei futuri negoziati per l'uscita dal Regno Unito dall'Unione Europea».

Le sue rassicurazioni diffuse in una nota dell'Ambasciata italiana a Londra non sembrano aver tranquillizzato i tantissimi connazionali che vivono e lavorano nella capitale (220 mila registrati, che salgono a mezzo milione se si considerano quelli che rimangono solo per un periodo medio-lungo). Da quando è stato diffuso il risultato del voto, i centralini dell'Ambasciata e del Consolato sono stati presi d'assalto.

La situazione preoccupa chi a Londra ci vive da vent'anni, ma forse ancor di più chi è venuto per studiare o per trovare lavoro. E una sorta di tristezza pervade quasi tutti, anche se al momento, non s'intravedono rischi imminenti.

L'iter di distacco dall'Europa durerà circa due anni, quindi c'è ancora tempo per prepararsi e decidere del proprio futuro. «Certo non è una bella sensazione quella che provo in questo momento - ci racconta Ginevra Fiorentini, direttrice della relazione internazionali in campo artistico - è un sentimento d'incertezza, d'instabilità. Credo proprio che nei prossimi anni lavorare sarà molto più complicato, serviranno più documenti, più passaggi, un po' quello che accade quando si ha a che fare con l'America. Io purtroppo me lo sentivo che saremmo usciti, avevo un brutto presentimento. Per quanto mi riguarda sono qui da sei anni ormai e credo che chiederò la cittadinanza inglese, così per stare più tranquilla. Ma mi preoccupa il futuro dei giovani, penso agli studenti che avranno molta più difficoltà a venire a studiare qui e anche a trovare lavoro».

È un po' più ottimista Filippo Baglini, direttore dell'ItaloEuropeo che nella capitale risiede ormai da quindici anni. «Le cose per noi che siamo qui adesso non cambiano più di tanto, credo si possa stare tranquilli. Certo ho degli amici italiani che mi avevano detto "se usciamo dall'Europ si torna a casa" e probabilmente così faranno. Credo si sentano un po' feriti, traditi, anche respinti da questa decisione. Dopotutto è gente che produce, lavora bene, l'economia inglese deve tanto anche agli italiani».

Fosse stato per lui, Filippo avrebbe votato per rimanere, tuttavia comprende le ragioni di Leave. «Ho moltissimi amici inglesi e posso capire perché alcuni abbiano votato per uscire - dice - delle ragioni esistono. Eppoi quando non hanno aderito alla moneta unica tutti a criticarli, ma alla fine avevano ragione loro. Non credo che siano degli sprovveduti, alla fine sono certo che un piano ce l'hanno già, qualcosa dal cilindro tireranno fuori».

È un'inguaribile ottimista la scrittrice Simonetta Agnello Hornby che in questa decisione vede anche delle speranze come spiega in un video postato su Facebook subito dopo l'esito del referendum. «Uscire dalla Comunità Europea - dice - non significa non essere europei, questo gli Inglesi lo sanno bene.

Io ho sempre vissuto di speranze e penso che questo set back per l'Unione Europea possa essere uno spunto per migliorare, per rivedere l'assetto delle nostre istituzioni che hanno bisogno di una revisione, per guardare l'inefficienza che c'è in Europa, la corruzione, e creare insieme un'Europa unita che sia più attinente alle esigenze di oggi».

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