Cronache

I numeri dell'esodo: cinque milioni l'anno i disperati in Occidente

L'Ocse: nel 2016 raddoppiate le domande di asilo in Italia. Gli hotspot hanno fallito

I  numeri dell'esodo: cinque milioni l'anno i disperati in Occidente

Da appena due giorni l'Europa sembra avere scoperto, a parole, l'emergenza che da tre anni condanna l'Italia a essere l'unico porto di approdo dei barconi che partono dalla Libia: degli 85.105 profughi arrivati negli ultimi sei mesi, quasi il 90% lo ha fatto attraverso la frontiera italiana. Ma l'esodo ha dimensioni molto più vaste per essere contrastato con le flebili prese d'atto della diplomazia internazionale.

Infatti se la nostra Penisola è la vera trincea della crisi, l'anno scorso ben cinque milioni di migranti - svela l'Ocse nel suo rapporto International Migration Outlook - sono arrivati nei Paesi industrializzati per «ragioni umanitarie»: 300mila persone in più rispetto al 2015 e in aumento per il terzo anno consecutivo. Gli Stati Ocse si sono ritrovati alle prese con un milione e mezzo di richieste di asilo, due terzi delle quali presentate in Europa. Negli Stati Uniti sono state 262mila, con un aumento del 52%, ma l'elezione di Trump ha già promesso di invertire la rotta.

Così l'epicentro dell'emergenza resta l'Italia che per quantità di domande ricevute, 122mila nel 2016 (quasi il doppio rispetto all'anno precedente) è seconda solo alla Germania (722mila, +63%), meta agognata dei richiedenti asilo che dalla Sicilia tentano di risalire la Penisola verso Nord cercando di sfuggire ai respingimenti alla frontiera e alle identificazioni delle autorità. Tanto che il 71% dei 180mila migranti irregolari arrivati via mare nel 2016, rivela il segretario Ocse Angel Gurria, non è transitato nei quattro hotspot che l'Italia alla fine del 2015 si era ritrovata a dover attivare su pressante richiesta di Bruxelles pena la beffa, oltre al danno, di una procedura di infrazione. Lampedusa, Taranto, Trapani e Pozzallo una volta entrati in funzione avrebbero dovuto rendere più efficienti le procedure di identificazione e foto-segnalamento dei migranti da accogliere o da rimpatriare a patto, aveva avvertito il governo italiano, di accelerare i piani di relocation degli stranieri negli altri Paesi Ue.

Come è noto i trasferimenti non sono mai decollati e l'Italia è rimasta vittima dell'egoismo europeo. Dei 160mila richiedenti asilo da redistribuire entro settembre i trasferimenti dal nostro Paese si sono finora fermati a poco più di duemila. Colpa dei veti dei Paesi del blocco dell'Est, ma anche dei criteri penalizzanti fissati da Bruxelles che ha previsto la ricollocazione di eritrei e siriani: nazionalità che tra gli sbarchi italiani si contano in percentuali irrilevanti. Infatti, a differenza del resto d'Europa, i migranti che chiedono asilo qui provengono da Nigeria, Pakistan e Gambia. A Berlino in cima ci sono invece Siria, Afghanistan e Iraq.

Per una rete di accoglienza, quella italiana, tarata su 200mila stranieri, il ritmo degli approdi degli ultimi giorni ha reso evidente il rischio di un collasso imminente. Ecco perché «tutti i Paesi devono solidarizzare con l'Italia, in quanto Commissione Ue siamo pronti a fare la nostra parte. Non possiamo restare a braccia conserte», ha detto il commissario agli Affari Interni Dimitri Avramopoulos.

Ma nel quadro migratorio, il report Ocse registra altri due record tricolore: nel 2015 159 mila stranieri extra Ue hanno ottenuto la cittadinanza italiana, tre volte di più rispetto al 2011. E l'Italia, a sua volta, ha scalato la classifica degli Stati fabbrica di emigrati. Sono sempre più gli italiani che se ne vanno: 171 mila nel 2015, erano 154 mila nel 2014.

Il 2,5% del totale nell'area Ocse.

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