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I padri nobili del Pd sono rimasti senza figli

Bersani, Letta, Bindi e Cuperlo. Il cupo declino dei big antirenziani

I padri nobili del Pd sono rimasti senza figli

Da 120 a meno di 40. Dalla due giorni di votazioni sull'Italicum la minoranza del Pd si riduce di 2 terzi rispetto all'ultima direzione nazionale del partito in cui Matteo Renzi aveva ottenuto dai suoi 190 fedelissimi l'ok ad andare dritti verso l'approvazione della legge elettorale senza modifiche.

In Aula i vari Pier Luigi Bersani, Enrico Letta e Gianni Cuperlo sono stati lasciati soli. Il gruppo dei bersaniani ha avuto 50 defezioni di deputati "responsabili" che hanno votato la fiducia e che ora si aspettano di poter esprimere il nuovo capogruppo. La sfida, molto probabilmente sarà a tre: da una parte un renziano doc come Matteo Richetti, un franceschiniano come l'attuale vicecapogruppo Ettore Rosato e il "bersaniano responsabile" Vincenzo Amendola, amico personale dell'ex capogruppo Roberto Speranza, un altro dei principali sconfitti. La fine della "ditta" di stile bersaniana era già iniziata con la candidatura di Alessandra Moretti alle Europee e ora sfida Luca Zaia per la guida della Regione Veneto. Sembrano lontani i tempi in cui era portavoce della campagna per le prime primarie tra Renzi e Bersani ma sono passati solo tre anni dal 2012. La politica italiana logora velocemente le liti e il salto sul carro del vincitore è lo sport nazionale ma pochi politici hanno perso i loro "discepoli" in così breve tempo. A Gianni Cuperlo (leggasi Massimo D'Alema) sono rimasti leali solo Stefano Fassina e pochi altri. Quelli che una volta erano i "padri nobili" dell'Ulivo e del Pd sono rimasti senza figli..

Anche i "lettiani" ormai non esistono più. Francesco Boccia, dopo una consultazione con la sua base, ha deciso di votare si alla fiducia, mentre Paola De Micheli da quando è diventata sottosegretario all'Economia è passata di fatto con la maggioranza renziana. Anche Maria Chiara Carrozza, ministro dell'Istruzione nel governo Letta, ha votato a favore del governo. Rosy Bindi, ammesso che abbia mai avuto una sua corrente, è rimasta una delle poche uliviste cattodem avversarie di Renzi.

Il gruppone dei cattolici democratici sono tutti filorenziani e fanno capo a Lorenzo Guerini, fedelissimo del premier oppure al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.

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