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I partiti ai blocchi di partenza prima del voto per il Quirinale

Rispetto a un anno e mezzo fa lo scacchiere politico nel Parlamento ha visto un susseguirsi di cambi di casacca e la nascita di nuovi gruppi

I partiti ai blocchi di partenza prima del voto per il Quirinale

Forza Italia, Lega Nord, Movimento 5 stelle, Sel e Fratelli d'Italia ma non solo. A voler avere voce in capitolo sulla scelta del nuovo inquilino del Quirinale saranno anche Area popolare, Scelta civica, Popolari per l'Italia, Centro democratico, Grandi Autonomie e Libertà (GAL), Sudtirolo Volkspartei (SVP), Psi e persino il Pli. A onor del vero la Lega Nord di Matteo Salvini e i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, al momento, si sono sfilati dai giochi per gli accordi per la partita del Colle, mentre i grillini devono ancora decidere un nome da presentare con le Quirinarie. A differenza di un anno fa, però, i pentastellati sono numericamente diminuiti a causa delle 26 espulsione operate dal duo Beppe Grillo- Gianroberto Casaleggio e, oltre a questi, vi sarebbero almeno un'altra ventina di parlamentari grillini disposti a trattare col Partito Democratico per la scelta del nuovo Presidente. Anche i vendoliani di Sel hanno avuto delle defezioni importanti con ben undici parlamentari passati al Pd, tra cui l'ex capogruppo Gennaro Migliore, uno dei papabili candidati del centrosinistra in Campania a presidente della Regione. Medesima sorte è capitata a Scelta Civica che si è spaccata e ridotta numericamente col passaggio di Andrea Romano e di altri tre parlamentari verso le file del Pd, a cui si aggiunge l'abbandono di Mario Mauro che, dopo aver dato vita ai Popolari per l'Italia, è ora in riavvicinamento verso Silvio Berlusconi. Un Berlusconi che, nel corso dell'ultimo anno, ha vissuto prima la separazione con gli alfaniani prima e ora sta vivendo i dissidi con i “fittiani” dentro Forza Italia. L'ex delfino Angelino Alfano, dopo aver fondato il Nuovo CentroDestra, ha da poco dato alla luce il gruppo Area popolare insieme all'UDC di Pier Ferdinando Casini (in tutto una settantina di parlamentari), mentre i fedelissimi di Raffaele Fitto sarebbero una quarantina e farebbero sponda con il GAL del dissidente forzista Vincenzo D'Anna per far fallire il patto del Nazareno. Infine, in caso di stallo, potrebbero essere determinanti anche i voti dei cinque senatori a vita Mario Monti, Renzo Piano, Carlo Rubbia, Elena Cattaneo e ovviamente il dimissionario Giorgio Napolitano, mentre il sesto senatore, Carlo Azeglio Ciampi, molto probabilmente non parteciperà al voto a causa delle sue cattive condizioni di salute. Un simile panorama politico potrebbe sembrare favorevole al premier che, sulla carta può contare su 450 delegati democratici, un centinaio di voti dall'area centrista di governo e altri 130 parlamentari forzisti.

In totale più o meno si tratta di circa 700 voti, quasi 200 in più di quelli necessari a eleggere il Capo dello Stato al quarto scrutinio, ammesso che Renzi trovi l'accordo con Berlusconi, che il suo partito resti unito e che i fittiani non votino contro la volontà del fondatore di Forza Italia.

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