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I pm tolgono l'inchiesta ai carabinieri del Noe. Altro schiaffo a Woodcock

La Procura di Roma irritata per le fughe di notizie Sono gli investigatori preferiti dalla toga napoletana

I pm tolgono l'inchiesta ai carabinieri del Noe. Altro schiaffo a Woodcock

È tutta una fuga di notizie, l'indagine Consip. Un ministro (Lotti) e due generali (Del Sette e Saltalamacchia) che per l'accusa avvertono i vertici della centrale acquisti pubblica delle cimici in ufficio, un personaggio misterioso che incontra Tiziano Renzi a Fiumicino e poche ore dopo un amico avverte l'imprenditore Carlo Russo di non chiamare e di non mandare messaggi al «babbo», fiumi di verbali, «pizzini» e intercettazioni coperti dal segreto istruttorio che da mesi finiscono sui giornali.

Per i pm capitolini Paolo Ielo e Mario Palazzi è davvero troppo, per un'inchiesta che pesa molto sulla politica, coinvolge la famiglia dell'ex premier e segretario dem Matteo Renzi e scuote il governo. Decidono così una clamorosa sostituzione degli investigatori. «Per una esigenza di chiarezza - dice una nota- , la procura di Roma ha revocato al Nucleo operativo ecologico la delega per le ulteriori indagini che è stata affidata al Nucleo Investigativo di Roma dell'Arma dei Carabinieri».

Un segnale di sfiducia verso un gruppo rivelatosi «colabrodo»? Potrebbe aver pesato il fatto che tra gli indagati, proprio per quelle fughe di notizie, ci siano due generali dei carabinieri. Anche se l'incarico rimane all'Arma, passa dal Noe agli investigatori romani. E la procura spiega: «Gli accertamenti fin qui espletati hanno evidenziato che le indagini del procedimento a carico di Alfredo Romeo ed altri sui fatti (poi) di competenza di questa Procura sono state oggetto di ripetute rivelazioni di notizie coperte da segreto sia prima che dopo la trasmissione degli atti a questo ufficio, sia verso gli indagati o comunque verso persone coinvolte a vario titolo, sia nei confronti degli organi di informazione».

Un (poi) significativo. Dietro alla decisione potrebbero esserci attriti e sospetti tra inquirenti capitolini e partenopei. Tutto è partito da un'indagine dell'antimafia di Napoli sui presunti legami con la camorra di dipendenti dell'imprenditore Romeo all'ospedale Cardarelli, poi i pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano l'hanno allargata, coinvolgendo personaggi famosi, dirigenti pubblici, manager, politici ed è finita sotto i riflettori, grazie a sapienti fughe di notizie sui giornali, iniziate prima che, per competenza, il filone principale passasse a Roma, per tutti i reati legati a Consip, mentre a Napoli rimanevano solo quelli per gli appalti del Cardarelli ed eventuali collegamenti con organizzazioni mafiose. I pm di Roma ci tengono a sottolineare che oggi sono loro i «titolari» dell'inchiesta centrale e che non si può parlare di «due binari».

Il Noe sembra il nucleo preferito da Woodcock, famoso per tante indagini su vip, spesso sgonfiatesi o trasferite per competenza altrove, come stavolta. L'ha usato nel 2008 per le tangenti in Basilicata, per le accuse all'ex tesoriere della Lega Belsito nel 2012, per la corruzione ad Ischia nel 2015 e a Capri nel 2016.

Blindare l'inchiesta tutela di più i politici coinvolti, cerca di impedire che gli equilibri nel Palazzo siano influenzati dallo stillicidio di notizie. Ieri la difesa di Tiziano Renzi ha fatto un annuncio polemico. «A fronte della continua pubblicazione di atti di detto procedimento - ha sottolineato l'avvocato Federico Bagattini - verrà indirizzata alla autorità giudiziaria procedente formale richiesta di rilascio di copia degli stessi, in quanto già indebitamente divulgati».

Finora il legale aveva rinunciato a chiedere il verbale dell'interrogatorio del padre dell'ex premier, di venerdì.

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