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I preti schierati per il "Sì" benedicono il referendum

Parrocchie venete e giornali diocesani invitano i fedeli al voto: "Sarebbe d'accordo pure don Sturzo, ne parlava"

I preti schierati per il "Sì" benedicono il referendum

Il parroco è anonimo, la chiesa pure (è in provincia di Treviso), ma l'assessore regionale veneto Giampaolo Bottacin, leghista, garantisce che è tutto vero: ne fa fede la foto scattata con il telefonino e pubblicata sulla sua bacheca Facebook. È un avviso parrocchiale che invita a votare domenica. «Partecipare al Referendum (la maiuscola è nell'originale, ndr) in massa è un segnale importante che viene mandato alla dirigenza del Paese», esorta il prete. Che poi cita Platone: «Una delle punizioni che ti aspettano per non avere partecipato alla vita politica è di essere poi governato da esseri incapaci». E chiude con un grave monito: «Per un cristiano, poi, è dovere morale assumersi le proprie responsabilità e non far parte della massa degli impotenti e dei vili e che scarica sempre la colpa sugli altri».

Impotenti e vigliacchi: il parroco («un prete autonomista come ce ne sono tanti», scherza Bottacin) non va per il sottile. Più argomentata è la posizione della Chiesa veneta, ma il senso è quello: croce sul Sì. «Il referendum è nella legalità e nella legalità va tutto bene», ha detto monsignor Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto (Treviso). Domenica scorsa vari settimanali diocesani hanno aperto il giornale con titoli sul referendum. Verona Fedele ha pubblicato i pareri di quattro politici locali (lista Zaia, Pd, Cinque stelle, Forza Italia): favorevoli 3 su 4. Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del popolo (Padova) e Lauro Paoletto, numero uno della Voce dei Berici (Vicenza) hanno scritto così: «Il referendum c'è. Si poteva certo avviare la procedura per richiedere maggiore autonomia anche senza. Ci si sarebbe riusciti? Forse. Ma con i se, i ma e i forse non si va lontano. Oggi il referendum c'è e vale pena interrogarsi su come fare in modo che sia un'occasione per crescere come comunità, veneta e italiana».

L'appoggio non è smaccato ma in Veneto il referendum prevede il quorum del 50 per cento più 1; perciò ogni invito a prendere sul serio il quesito autonomista rappresenta di fatto un endorsement al Sì. Del resto, così ha spiegato Paoletto al Corriere Veneto: «Federalismo e autonomia fanno parte della dottrina evangelica, ne parlava già don Luigi Sturzo. Ora il problema è quale autonomia coniughi solidarietà ed efficienza. Se il Sì avrà ben riconoscibile il marchio del Veneto, sullo sfondo della bandiera italiana, potrà essere davvero fattibile e condivisibile».

Autonomia solidale è la parola d'ordine degli ambienti ecclesiastici davanti al referendum. Nelle curie venete si ricorda che vent'anni fa i vescovi del Nordest scrissero all'allora premier Massimo D'Alema una lettera intitolata «Il federalismo dei campanili» avallando le istanze anti centraliste e che la Chiesa stessa, pur essendo una monarchia assoluta, di fatto ha una struttura «federalista» con le diocesi e le Conferenze episcopali: le questioni locali affrontate in autonomia in un contesto unitario.

Non si schiera il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. Dopo aver dichiarato, a proposito della Catalogna, che «l'autonomia è la grande sfida che le democrazie di oggi, in questo periodo, si trovano innanzi», ha fatto sapere che non intendeva prendere nessuna posizione su temi politici, né intervenire «a gamba tesa su competizioni elettorali in atto, a cominciare dai referendum».

Invece il nuovo arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, non si è fatto problemi a sollecitare gli elettori a partecipare a «consultazioni importanti per le istituzioni politiche e amministrative» che costituiscono «un'occasione per riflettere, confrontarsi, esprimersi sugli aspetti istituzionali della società civile».

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