Cronache

I "rivoluzionari" di Bologna? Violenze per la mensa gratis

Indagati sei anarchici per gli scontri all'università Le minacce per il cibo: «O mangiamo o qui chiudete»

I "rivoluzionari" di Bologna? Violenze per la mensa gratis

Rivoluzionari si, ma dell'estorsione. Al titolare della mensa universitaria di Bologna gli antagonisti del Cua (Collettivo universitario autonomo) avrebbero più o meno detto: «O ci fai mangiare gratis, oppure qui non facciamo entrare più nessuno». Insomma, una sorta di picchetto alimentare, che riecheggia tragicomicamente le «spese proletarie» nei supermercati ai tempi del '68. C'è quindi anche la tentata estorsione fra le accuse da cui dovranno difendersi gli i 6-7 capetti anarco-figli di papà per i quali la Procura di Bologna ieri ha formalizzato al gip la richiesta di arresti domiciliari.

I pm Antonella Scandellari e Antonello Gustapane, titolari del fascicolo sugli scontri avvenuti negli ultimi mesi nella zona universitaria vanno giù duro e paiono intenzionati anche metterci il carico dell'associazione a delinquere. Ma su quest'ultima fattispecie di reato in Procura non c'è univocità di intenti. Si deciderà nelle prossime ore. Intanto i giovani per i quali è stato richiesto l'arresto sono ritenuti dai pm gli organizzatori delle manifestazioni sfociate a fine ottobre negli scontri con le forze dell'ordine davanti alla mensa dell'ateneo in piazza Puntoni. La novità è che, oltre ai soliti reati tipici dell'antagonismo, viene appunto contestato un reato atipico, la tentata estorsione, finora mai ipotizzata dagli inquirenti in fascicoli di questo tipo. La richiesta è già partita dalla Procura e ora un giudice dell'Ufficio gip dovrà decidere se concedere le misure. I pm hanno chiesto al gip, in caso di «no» ai domiciliari, di applicare agli indagati il divieto di dimora in città.

In merito alla tentata estorsione il codice penale prevede che «chiunque, mediante violenza o minaccia, costringe qualcuno a fare o a omettere qualcosa e procura a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da 5 a 10 anni». Esattamente ciò che, secondo l'accusa, avrebbero fatto i leader del Cua, con in più l'aggravante di «aver utilizzato toni minacciosi e atteggiamenti violenti». Gli altri reati contestati sono resistenza aggravata, lesioni a pubblico ufficiale, violenza privata, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento.

Secondo la Procura anche gli ultimi fatti di questi giorni - il riferimento è alla devastazione della biblioteca di Lettere in via Zamboni 36 - farebbero parte dello stesso «disegno criminoso» iniziato ad ottobre è proseguito fino ad oggi con scontri con la polizia diventati quasi una consuetudine quotidiana.

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