Cronache

I sindaci: «Ma ora Cantone non blocchi la ricostruzione»

Dal primo cittadino di Ascoli un appello per procedure legali ma veloci che facilitino il ritorno alla normalità

I sindaci: «Ma ora Cantone non blocchi la ricostruzione»

«Qui mancano pure le transenne, per dire». Il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli è inchiodato alla sua scrivania. È in attesa di ricevere la chiamata di un tecnico delle Sovrintendenza. Al momento l'emergenza si chiama San Francesco. La torre campanaria della bellissima chiesa costruita nel 1265 ha bisogno di un controllo urgente. «Ho fatto transennare tutta l'area attorno alla chiesa - racconta con tono sconfortato Castelli -. Non ci dormo la notte. Due sono i rischi: l'incolumità delle persone e il rischio di perdere un tesoro architettonico inestimabile». Il primo cittadino di Ascoli si sente con le mani legate. I tre terremoti (24 agosto, 26 e 29 ottobre) hanno messo in ginocchio città e campagna, piccoli e grandi comuni, come quello che amministra. E ora devono aspettare. E sperare che il nuovo decreto in arrivo da Palazzo Chigi non ripeta gli errori compiuti con quello emesso all'indomani del primo forte sisma di agosto.

Il problema sono i tempi. Renzi pretende il controllo dell'Anac di Raffaele Cantone e della Corte dei Conti, ma così si rischia la paralisi. La burocrazia deve essere giusta ma veloce. Altrimenti la ricostruzione sarà una sorta di utopia. È un prezzo che chi è senza casa non può permetersi.

Castelli non è solo. La sua è la preoccupazione di tutti gli amministratori delle zone interessate dal sisma. Tutti lamentano la stessa cosa: è come se da parte del governo ci fosse una sottile mancanza di fiducia nelle capacità di gestione dell'emergenza da parte degli amministratori locali.

«I casi sono molti - spiega Castelli -. Dopo il primo terremoto devastante ci aspettavamo una reazione forte e tempestiva. Ovvio che il governo non può fare tutto da solo. Ecco perché ci aspettavamo di essere investiti di poteri speciali. Per far puntellare edifici storici, mettere in sicurezza aree abitate». Tutti devono osservare procedure enormemente lunghe per decidere interventi di consolidamento e messa in sicurezza. Però i due nuovi terremoti di ottobre hanno dimostrato che certi interventi andrebbero fatti d'urgenza.

Emblematico il caso di Montegallo, ai piedi del Vettore. Lì c'era la chiesa di Santa Maria in Pantano. Un gioiello dell'arte romanica del IX secolo, fortemente lesionato dal terremoto del 24 agosto. Il sindaco si è lamentato delle lungaggini burocratiche. I tecnici tergiversavano sulla soluzione da applicare. E così il sisma del 26 ottobre l'ha rasa al suolo.

«La nuova ondata sismica dovrebbe imporre un cambio di passo da parte del governo Renzi per ciò che riguarda la gestione dell'emergenza - aggiunge Castelli -. Noi sindaci ci stiamo scontrando con le limitazioni del primo decreto terremoto, la cui impostazione non solo tende a centralizzare le procedure d'intervento, quasi a manifestare pregiudizi nei confronti delle autonomie locali e dei sindaci, ma oltre tutto ostacola, a causa di una imperdonabile lentezza burocratica, il tempestivo adempimento delle attività necessarie per la messa in sicurezza delle aree danneggiate». Insomma, sbotta Castelli, «non siamo lazzaroni. E il governo ci tratta come tali. Non può caricarci della responsabilità di gestire l'emergenza in autonomia? Ma almeno liquidi le somme stanziate per il terremoto del 24 agosto. Somme che abbiamo già impegnato per lavori d'urgenza.

Se ora dobbiamo chiedere alle ditte nuovi interventi, sarebbe meglio se potessimo pagare almeno i lavori già eseguiti a fine a settembre».

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