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I suoi reclamano la testa degli intoccabili Pd, ma Palazzo Chigi ha messo il veto. E lui: «Inchieste e governo separati»

RomaSacrificato Lupi, già mollato pure Azzollini, Angelino Alfano adesso dovrebbe ingoiare un terzo rospo, la permanenza di Ignazio Marino alla guida del Campidoglio. Dovrebbe, perché è il ministro dell'Interno e non può certo permettersi di mettere a rischio il governo. Ma non vorrebbe, perché i suoi elettori e il suoi colonnelli chiedono la testa del sindaco e anche del governatore campano De Luca. «Come ministro non posso parlare, come leader di Ncd, dico che il partito ha espresso una posizione chiara». Cioè, le dimissioni del marziano a Roma. Però, come al solito, a decidere non è lui, è Matteo Renzi.

Alfano pattina su un ghiaccio sottilissimo, cercando di distinguere i due piani: «Le inchieste e il governo sono questioni separate». Ma Ncd ribolle, come dimostrano le parole del coordinatore Gaetano Quagliariello: «Per quel che riguarda il governo, la cosa sulla quale ci dobbiamo mettere d'accordo è che esistono delle regole che devono valere per tutti». Carlo Giovanardi si chiede «come sia possibile che Azzollini abbia imbrogliato cinque governi». E da un paio di giorni il senatore Giuseppe Esposito reclama a gran voce le dimissioni di Marino e Zingaretti. Da una parte ci sono i governativi, dall'altra chi si prepara ad uscire, come Nunzia De Girolamo, e in mezzo i big come Sacconi, Schifani e Quagliariello che pensano a una sganciamento lento e graduale.

Insomma, Ncd non vuole più fare la parte del parente povero e pretende pari dignità nella maggioranza. Un complesso di inferiorità che è stato ancora di più alimentato da una frase poco diplomatica di Matteo Orfini. Martedì prossimo, ha spiegato il presidente del Pd, la giunta per le autorizzazioni a procedere riceverà il malloppo con le accuse ad Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama (lo stesso Azzollini giovedì prossimo alle 14 sarà ascoltato dalla Giunta, ndr ). Entro la fine del mese si arriverà al dunque, dopodiché «mi pare inevitabile votare a favore dell'arresto».

Valutazioni che hanno fatto infuriare persino Schifani e Cicchitto. Poi Orfini ha tentato di rimediare telefonando a Quagliariello per precisare che la decisione «verrà assunta solo dopo un'attenta lettura delle carte». La tensione resta alta: al Senato la maggioranza di Renzi si regge per pochissimi voti e l'altro giorno proprio l'assenza di tre senatori Ncd ha fatto andare il governo sotto sulla «Buona scuola».

Per Angelino si aprono quindi settimane di passione, che lui tenta di esorcizzare così: «Ncd ha un lavoro da completare e nessuno si illuda di poterlo interrompere. Il governo ha preso degli impegni e deve risponderne al Paese. Ci sono opportunità e problemi da risolvere, le difficoltà contingenti possono far serrare le file della maggioranza. Mafia Capitale? L'unica risposta è il buongoverno». Quanto a De Luca, Alfano passa la mano. «Invierò a Palazzo Chigi le carte nei modi e nei tempi previsti dalla legge.

Il procedimento si concluderà con un decreto del presidente del Consiglio».

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