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I timori dell'intelligence. E la pista che porta all'artificiere di Al Qaida

La tecnologia in mano al Califfo sarebbe stata passata dal saudita Asiri, inventore dei mini-ordigni

I timori dell'intelligence. E la pista che porta all'artificiere di Al Qaida

Più se ne sa più cresce l'allarme. E anche chi lo spacciava come l'ennesimo atto ostile di Donald Trump nei confronti dei Paesi musulmani si sta ricredendo. Dietro il divieto d'imbarcare tablet e computer sui voli per gli Stati Uniti in partenza da dieci aeroporti di otto Paesi africani e mediorientali ci sono una minaccia concreta e un indice di pericolosità in preoccupante ascesa. A farlo capire sono l'Fbi e le agenzie d'intelligence prontissime, in altri casi, ad attaccare Trump. Stavolta, invece, c'è poco da scherzare.

Alcune evidenze dimostrerebbero che sia l'Isis, sia Al Qaida sono ormai in grado d'introdurre dell'esplosivo nelle batterie, o in altre parti di tablet o computer portatili, garantendone l'apparente funzionamento. Queste nuove capacità, stando a nuovi test svolti dall'Fbi, consentirebbero ai terroristi di superare i controlli, spesso superficiali, svolti negli otto Paesi della lista nera. E solo il collocamento in stiva di tablet e computer renderebbe impossibile l'innesco a distanza del sistema d'esplosione.

La grande domanda inevasa riguarda però l'identità del genio del male che sta restituendo ai terroristi la capacità di colpire i voli civili. Il sospettato numero uno è il 34enne saudita Ibrahim Asiri, l'artificiere di Al Qaida famoso non solo per aver sperimentato l'inserimento di ordigni esplosivi nel corpo degli attentatori suicidi, ma anche per aver confezionato le mutande bomba con cui nigeriano Umar Abdulmutallab tentò - a Natale 2009 - d'abbattere il volo Amsterdam-Detroit. Un attentato seguito dal ritrovamento delle cartucce di fotocopiatrici imbottite d'esplosivo destinate ad abbattere un volo cargo sopra Chicago.

Per comprendere la pericolosità di Asiri basterà ricordare l'orrore dell'agosto 2009. Allora Asiri convinse suo fratello a spacciarsi per un terrorista pentito, pronto a rilasciare rivelazioni senza precedenti, se portato al cospetto del Principe Najaf, allora vice ministro saudita per l'anti-terrorismo. Fortunatamente l'esplosione della bomba, impiantata nel retto del fratello, si scaricò nel corpo del kamikaze causando solo lievi ferite al principe. Da allora però Asiri ha moltiplicato gli sforzi per miniaturizzare le cariche di pentrite (il suo esplosivo preferito) sperimentandone sia l'inserimento nel corpo umano, sia negli apparecchi elettronici.

Queste tecniche sarebbero dietro l'esplosione del laptop che a febbraio 2016 squarcia la fusoliera di un volo decollato da Mogadiscio uccidendo il sospetto kamikaze e costringendo l'aereo ad un immediato rientro. In quel caso l'attentato viene attribuito ad Al Shebaab, l'organizzazione qaidista somala. Analoghe tecniche di miniaturizzazione sono però state impiegate per l'attentato, rivendicato dall'Isis, al volo Metrojet 9628, l'aereo passeggeri russo esploso sul Sinai nell'ottobre 2015.

Il legame tra i due casi consegna un'altra incognita agli esperti d'intelligence ancora incapaci di spiegare i passaggi che hanno consentito allo Stato Islamico d'impossessarsi delle tecnologie del signore delle bombe di Al Qaida. L'incognita riguarda anche il divieto di portare a bordo computer e tablet per i passeggeri imbarcatisi negli otto Paesi mediorientali e africani. L'allarme, diffuso dopo l'analisi degli elementi rinvenuti nella base yementà di Al Qaida attaccata a febbraio dalle forze speciali dei Navy Seals americani sarebbe stato in breve esteso anche all'Isis.

Un segnale, secondo alcuni, di come il genio del male Asiri sia ormai una risorsa comune per le due grandi forze rivali del terrore islamista.

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