Economia

I titoli di Stato ci costano già 160 milioni in più

Ecco l'effetto dell'aumento dei rendimenti provocato dall'incertezza politica nell'ultimo mese

I  titoli di Stato ci costano già 160 milioni in più

Per il momento è davvero una missione impossibile. I rendimenti dei titoli di Stato italiani continuano a salire, per l'effetto combinato dei minori acquisti da parte della Bce e dei timori legati a come saranno trovate le coperture, senza far tracimare il deficit, necessarie per onorare gli impegni presi da Lega e Movimento cinque stelle con il contratto di governo. Nonostante una domanda abbastanza sostenuta da parte degli investitori, il copione più volte andato in scena nelle ultime settimane si è infatti ripetuto ieri nelle aste con cui il Tesoro ha collocato un importo complessivo di tre miliardi di euro. I tassi dei Ctz a 24 mesi sono arrivati allo 0,917% con un aumento di 57 punti base rispetto all'emissione precedente, mentre quelli dei Btp indicizzati a 5 anni si sono attestati allo 0,9% (+67 punti) e quelli dei Btpi a 30 anni all'1,78% (+36 punti).

Questo risalire dei rendimenti non è, ovviamente, del tutto indolore per il Tesoro. Comporta un maggiore esborso, e va quindi ad appesantire gli oneri del debito. Di quanto? È possibile stimare in oltre 160 milioni il maggiore aggravio che via XX Settembre ha dovuto sostenere nelle aste a partire dagli ultimi giorni dello scorso maggio. Ovvero da quando il braccio di ferro tra Quirinale e alleanza giallo-verde sulla nomina di Paolo Savona all'Economia aveva innescato una corsa dello spread fin oltre il traguardo dei 215 punti. Da allora le cose non sono migliorate. Anzi. Il differenziale tra Btp e Bund tedesco ha chiuso ieri a quota 258 dai 251 di lunedì, con il rendimento dei titoli a 10 anni al 2,91%, in netto rialzo dal precedente 2,84%.

Le rassicurazioni offerte dal ministro dell'Economia, Giuseppe Tria, sul rispetto delle regole di bilancio europee e sull'appartenenza dell'Italia all'eurozona hanno solo temporaneamente rassicurato i mercati. Tornati a farsi prudenti dopo le nomine di due pasdaran anti-euro come Claudio Borghi (a capo della commissione bilancio della Camera) e Alberto Bagnai (alla presidenza della commissione finanze del Senato) e preoccupati per la possibilità che una politica in deficit spending del governo annulli il nostro pluriennale surplus primario (saldo attivo tra spese ed entrate, al netto della spesa per interessi), uno dei pilastri della sostenibilità del debito pubblico italiano.

Quando i mercati avvertono un rischio-Paese aumentato, chiedono rendimenti più alti. Elementare. Ma la risalita dei tassi sui bond tricolori è legata anche ai minori acquisti di titoli effettuati dalla Bce nell'ambito del quantitative easing, ridotto a 30 miliardi al mese complessivamente e destinato a dimezzarsi in settembre.

Di positivo, comunque, il fatto che il Tesoro ha già completato oltre il 50% del suo obiettivo di raccolta per il 2018.

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