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Incubo invasione, l'Europa vuol blindare i confini

Per dirla con le parole del presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, questa volta «in gioco c'è il futuro di Schengen e l'ordine in Europa». La stessa che dal vertice straordinario dei capi di Stato di ieri sera a Bruxelles, fatica ancora a svegliarsi sotto lo stesso cielo. Ma dopo il via libera alla ricollocazione di 120mila migranti da Grecia e Italia, prova ad andare oltre. A guardare in faccia l'esodo da Mediterraneo e Balcani e a cercare una via d'uscita. «Passetti in avanti - dice il premier Matteo Renzi - non è più un problema solo italiano». Ma la cornice ha un'unica, inquietante, certezza. Che i flussi aumenteranno, i conflitti «non finiranno subito e, con 8 milioni di sfollati in Siria, parliamo di milioni di potenziali rifugiati che cercano di raggiungere l'Europa» ricorda Tusk. E allora la priorità è superare la sola accoglienza emergenziale all'interno dei confini del Vecchio Continente: sul tavolo dei 28 leader ci sono misure di rafforzamento delle frontiere esterne di Schengen, attraverso Frontex, Europol e gli uffici di registrazione dei richiedenti asilo, un'iniezione d'ossigeno alle politiche di cooperazione e agli aiuti ai campi profughi di Turchia, Libia e Giordania, stremati dal conflitto siriano. Con un occhio al timer per disinnescare la bomba a orologeria di Ankara, che conta due milioni di rifugiati siriani, e per cui Bruxelles ragiona su un programma di aiuti da un miliardo. L'ipotesi è di far lievitare di 100 milioni di euro i fondi per la crisi migratoria destinati agli Stati membri più colpiti dai flussi, ma anche di 120 posti l'organico delle tre agenzie europee. Ma bisogna muoversi, è ormai il mantra, perché «i rischi sono altissimi - avverte anche Antonio Tajani, vicepresidente vicario del Parlamento europeo - potremmo ritrovarci presto con milioni di immigrati. Nel breve termine serve un unità di azione, la situazione in Turchia è allarmante, la priorità dell'Europa è un impegno sulle frontiere esterne, sui campi nei paesi di provenienza dei profughi».

E mentre in Italia si sblocca l'impasse in commissione Affari costituzionali alla Camera sul cosiddetto «Ius soli soft», versione al ribasso della legge che dovrebbe dare la cittadinanza a chiunque sia nato in Italia indipendentemente dalla nazionalità dei genitori, nel bocco dell'Est si sgretola l'intransigenza sul piano redistribuzione dei migranti approvato a maggioranza dai ministri dell'interno Ue. L'Ungheria, e in extremis anche la Repubblica Ceca, si sfila dal pugno duro della Slovacchia intenzionata a rimettere in discussione il meccanismo delle quote anche ricorrendo alla corte di giustizia. Il che non smuove di un millimetro la volontà di Orban di proteggere i suoi confini a suon di barriere: l'esercito ha cominciato ieri la costruzione di un muro di filo spinato lungo la Croazia all'altezza di Gole, poco distante dal valico preso d'assalto dai profughi.

La polveriera fa salire l'allerta sale anche in Italia: il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha annunciato l'invio di 60 uomini ai confini italo-austriaco di Tarvisio e di 50 a quello italo-sloveno di Gorizia.

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