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Indagato un manager Expo, Cantone in allarme

Indagato un manager Expo, Cantone in allarme

Milano Il paradosso di Expo non cessa di stupire: la grande opera più vigilata, sorvegliata, controllata d'Italia si rivela anche un inesauribile contenitore di storie di corruzione. Le inchieste della Procura di Milano - avocate e gestite direttamente dal capo Edmondo Bruti Liberati - stavolta investono in pieno i piani più alti della macchina organizzativa dell'esposizione universale, appena un gradino sotto lo zar Giuseppe Sala, l'uomo incaricato di portare a tutti i costi a compimento l'evento. Finisce incriminato uno dei sui due «vice», l'uomo che per conto di Sala oggi dirige il Padiglione Italia e che è stato a lungo alla testa dell'opera più contestata di Expo, le Vie d'acqua che collegheranno il sito a Milano. Antonio Acerbo, grand commis di lungo corso, già accanto ai sindaci di Milano Albertini e Moratti, e ora accusato di turbativa d'asta e corruzione per l'appalto che ha assegnato le Vie d'acqua al costruttore vicentino Enrico Maltauro, finito in cella in maggio e tuttora agli arresti domiciliari. Negli atti di parla di «favori e utilità economiche» garantite ad Acerbo nel 2012, quando presiedeva la commissione aggiudicatrice dell'appalto delle Vie d'acqua.

È una bufera che investe in pieno la macchina di Expo in un momento cruciale, e che lascia increduli i suoi uomini. In maggio quando nella prima retata della Procura era caduto - insieme a Maltauro e a due reduci di Tangentopoli come Primo Greganti e Gianstefano Frigerio - il capo dell'ufficio contratti Angelo Paris, Expo aveva in qualche modo retto alla botta, anche perché negli atti traspariva una certa vaghezza sui destinatari finali delle stecche di Maltauro e dei suoi colleghi. Che fosse marcio il vertice di Expo, insomma, ancora non si poteva dire. Ma la nuova offensiva dei pm milanesi Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio, che ieri mandano la Guardia di finanza a perquisire a requisire, è una tegola. Che inevitabilmente chiama in causa il ruolo del nuovo presidente dell'Authority anti corruzione, Raffaele Cantone, che proprio sull'Expo focalizza in buona parte il suo ruolo, e che va giù pesante: «La rappresentanza tecnica del Padiglione Italia è sempre stata quella dell'ingegner Acerbo e quindi questo può essere un problema», spiega Cantone, pur ricordando che per prendere provvedimenti alla sua Authority serve qualcosa di più che un avviso di garanzia. Ma per Cantone, che oggi dovrebbe incontrare il procuratore Bruti Liberati, è la grana più grossa da quando è entrato in carica.

Con l'impeachment di Acerbo la Procura smoscia alcune ipotesi circolate nei mesi scorsi, che vedevano nella avocazione da parte di Edmondo Bruti Liberati di tutte le inchieste su Expo un modo per garantire un po' di tranquillità alla tormentata esposizione milanese, che aprirà i battenti tra poco più di sette mesi. Nessuna tregua, invece. E a venire colpito è un manager come Acerbo finora considerato efficiente e rigoroso, e al quale ieri il sindaco Pisapia si trova costretto a chiedere di dimettersi. Di Acerbo vengono perquisiti casa e ufficio, insieme a lui e a Maltauro sono indagati alcuni personaggi di collegamento.

Secondo fonti giudiziarie, l'avviso di garanzia si sarebbe reso inevitabile dopo che alcune dichiarazioni contro Acerbo erano state rese da Maltauro nei suoi interrogatori (ampiamente coperti da omissis) prima delle vacanze, e poi confermate da altri riscontri; negli ambienti della difesa di Maltauro la versione è opposta, nel suo interrogatorio del 30 luglio il costruttore vicentino avrebbe ribadito agli inquirenti di essersi aggiudicato l'appalto in assoluta regolarità.

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