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Inevitabile adeguarsi ai tempi. De Coubertin non c'entra nulla

Inevitabile adeguarsi ai tempi. De Coubertin non c'entra nulla

Le scommesse sono arrivate prima. Guardi, punti e tifi. Ma che cavolo di sport è questo che in ogni angolo del mondo rischia perfino di fare concorrenza al calcio? Non sai se sei finito ai tempi degli argonauti, con tanto di vello d'oro o mostri alla Minosse, o in un futuro più o meno prossimo dove eroi senza carne combattono per arrivare a casa degli avversari. Anche qui la vita è questione di centimetri e te la giochi ogni maledetta domenica. Ecco, se volete sapere cosa sono gli e-sports vi tocca fare un viaggio nel mondo di League of Legends. Si gioca in tre contro tre o cinque contro cinque ed è così diffuso che per i bookmaker è un affare milionario. Si scommette da tempo anche in Italia. Adesso tocca alle Olimpiadi. Il Cio, il comitato internazionale olimpico, sta cominciando a pensare di aprire le porte allo sport virtuale. Le ragioni hanno poco a che fare con il sogno del barone Pierre de Coubertin. Come spesso accade è questione di soldi e lì nell'epopea degli avatar omerici ce ne sono tanti. Un giro d'affari, nel 2016, di 747,5 milioni di dollari, con la previsione di raggiungere i 2 miliardi nel 2018. Sì, la crescita è esponenziale, per un'equazione banale: tanti giocatori, distribuiti in tutto il mondo, e una montagna di pubblicità e investimenti. Il resto è spettacolo. Non virtuale, ma dal vivo. Due anni fa le finali del campionato Nord Americano di League of Legends sono andate in scena al Madison Square Garden. Questa è la realtà, poi sul resto si può discutere. Tutta questa storia ha a che fare con le Olimpiadi? C'è una gara, c'è chi vince e chi perde, c'è gente che si allena ogni giorno con la stessa disciplina di un maratoneta, ci sono menti veloci e strategiche che vedono l'invisibile. Manca il corpo, come siamo abituati a considerarlo. C'è un'estensione, quello che ormai chiamiamo avatar. Vero. Non è la stessa cosa. Ma forse è arrivato il momento di farci i conti sul serio. Sono anni e anni che il virtuale fa parte delle nostre vite. I più vecchi ci si sono avvicinati alla fine degli anni '70 con i primi videogame. Gli altri ci sono nati. La realtà virtuale ci avvolge e sarà sempre più profonda. Non sai se è un bene o un male, ma di fatto sta cambiando il cervello umano, perché già con qualche centinaio di euro puoi immergerti in mondi immaginari, dove il tempo scorre seguendo altri ritmi e lo spazio perde i confini naturali. Non c'è più Abebe Bikila che corre a piedi scalzi nella notte romana del 1960. Non c'è più comunque.

E allora non ci resta che viaggiare a ritroso, ricordando una cosa: la realtà virtuale è anche una macchina del tempo.

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