Cronache

Gli inglesi tra i ghiacci: caccia a Endurance. La nave del capitano Shackleton del 1915

Grazie alle coordinate scritte sul diario dell'epoca si cerca il relitto storico

Gli inglesi tra i ghiacci: caccia a Endurance. La nave del capitano Shackleton del 1915

Andare a caccia di una nave perduta tra i ghiacci ricorda i libri di avventura; tra i misteri più affascinanti della storia ci sono vecchie navi affondate e tesori da trovare. Ma tra il reale e il fantastico, ci sono missioni che fanno emozionare come se fossero uscite dalla penna di un romanziere. Iniziamo con il nome del mare di Weddell. Correva l'anno 1823. L'inglese James Weddell, con il suo brigantino Jane, voleva cercare nuove aree dove continuare la sua caccia alle foche. Si spinse più a Sud rispetto a ogni imbarcazione fino ad allora conosciuta. Il mare di Weddell prese il nome del marinaio che lo scoprì. Dopo di lui altre spedizioni tentarono la sorte. Una di queste fu quella di Sir Ernest Shackleton. L'Endurance Expedition, conosciuta anche come la Spedizione «Trans Antartica Imperiale», era partita dal Regno Unito nell'agosto del 1914 per raggiungere il primo incrocio di terra del Continente Bianco dal Mare di Weddell attraverso il Polo Sud fino al Mare di Ross. Ma più di un secolo fa, la nave di spedizione di Sir Ernest Shackleton, l'Endurance, rimase bloccata nel denso pack, fu stritolata dal ghiaccio nel mare di Weddell e andò a riposare tra le acque a 3mila metri di profondità.

I 28 uomini dell'equipaggio dovettero abbandonare la nave e allestire un accampamento di fortuna. La loro fu una prova di coraggio e audacia. L'equipaggio si diresse verso l'isola degli Elefanti. Ma Elephant Island era un luogo distante e solitario, non c'era speranza che qualcuno arrivasse a salvarli. Così, Shackleton e Worsley si mossero e, dopo aver attraversato ghiacci e montagne inesplorati, raggiunsero una stazione di baleniere norvegesi. Da lì, al quarto tentativo, riuscirono a salvare i compagni lasciati sull'isola degli Elefanti. Sopravvissero tutti. Era il 30 agosto del 1916. La spedizione fallimentare fu ricordata nella storia come una delle più epiche battaglie di sopravvivenza dell'esplorazione antartica.

Oggi, la Weddell Sea Expedition 2019 è partita con una delle più grandi e moderne navi di ricerca polare del mondo, la Agulhas II, per studiare l'oceanografia, la biologia e la geologia dell'area attorno alla zona Larsen C e all'enorme Iceberg chiamato A68 nel mare di Weddell. Uno degli obiettivi della missione è l'esplorazione: la Agulhas si aprirà la strada attraverso 75 miglia di ghiaccio per raggiungere l'ultima posizione conosciuta dell'Endurance, la mitica nave di Sir Ernest Shackleton. Quando la nave affondò, il capitano Frank Worsley scrisse nel suo diario le coordinate del luogo: 68° 39' 30" S, 52° 26' 30" W.

Grazie a Worsley, il moderno team di ricerca della Weddell Expedition del 2019 ha un'idea abbastanza precisa di dove andare a posizionare i veicoli sottomarini autonomi per tentare di individuare la posizione attuale del relitto. L'archeologo marino Mensun Bound sul suo blog di spedizione si chiede in che stato troveranno la nave. L'Endurance, scrive Mensun, era la seconda nave in legno più solida mai costruita e dovrebbe, secondo lui, aver conservato abbastanza della sua integrità strutturale. Questa missione sarà «la migliore opportunità storica per ritrovare l'Endurance» e la prima a utilizzare una tecnologia con veicoli sottomarini autonomi, Autonomous Underwater Vehicles (AUVs), alla ricerca della nave perduta di Sir Ernest Shackleton.

Come Clive Cussler e il suo Dirk Pitt, l'eroe della Numa, gli esploratori moderni vanno alla ricerca di vecchi relitti in attesa di una storia ancora da scrivere.

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