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Inps, crollano (ancora) i contratti a tempo indeterminato

L'Inps affossa ancora il Jobs Act: crollano ancora le trasformazioni e i contratti a tempo indeterminato, mentre aumentano apprendistati e contratti a termine

Inps, crollano (ancora) i contratti a tempo indeterminato

Ancora un nuovo flop certificato del Jobs Act. Nei primi tre mesi del 2017, infatti, nel settore privato restano al palo i contratti a tempo inderminato, con un saldo, tra assunzioni e cessazioni, pari a +322.000, superiore a quello del corrispondente periodo del 2016 (+266.000).

A rilevarlo è l'Osservatorio sul precariato dell'Inps. Complessivamente le assunzioni, sempre riferite ai soli datori di lavoro privati, nei mesi di gennaio-marzo 2017 sono risultate 1.439.000 e sono quindi aumentate del 9,6% rispetto a gennaio-marzo 2016. Il maggior contributo è però dovuto alle assunzioni di apprendisti (+29,5%) e a quelle a tempo determinato (+16,5%) mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-7,6%).

In particolare sono cresciute le assunzioni a tempo determinato nei comparti del commercio, turismo e ristorazione (+28,3%) e delle costruzioni (+19,7%). Negli stessi settori si osserva inoltre una crescita anche delle assunzioni in apprendistato (+ 35,8% nel commercio, turismo e ristorazione, + 22,1% nelle costruzioni). Significativa anche la crescita dei contratti di somministrazione (+14,4%).

Crollano anche le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato (comprese quelle relative agli apprendisti): sono risultate 89.000, con una riduzione del 6,8% rispetto allo stesso periodo del 2016. Le cessazioni nel complesso sono state 1.117.000, in aumento rispetto all'anno precedente (+6,6%): a crescere sono le cessazioni di rapporti a termine (+12,5%), mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono leggermente in diminuzione (-2,1%).

Quanto alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-marzo 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.

500 euro (32,7% contro 35,4% di gennaio-marzo 2016).

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