Politica

Gli inquilini diventino proprietari. Così meno degrado e più fondi

A Milano su 40mila alloggi di case popolari, 4mila sono occupati da abusivi. E sui 5mila sfitti si esercitano continui tentativi di occupazione. E l'ente Case Popolari non ha soldi per ristrutturare le case semidistrutte liberate dopo gli sgomberi.

Gli inquilini diventino proprietari. Così meno degrado e più fondi

A Milano su 40mila alloggi di case popolari, 4mila sono occupati da abusivi. E sui 5mila sfitti si esercitano continui tentativi di occupazione: dall'inizio del 2014 ce ne sono stati 1.300 e due terzi hanno avuto successo. Quando uno di questi alloggi viene sgombrato, perché l'inquilino se ne va, è in disordine e servono 15mila euro per sistemarlo. L'ente Case Popolari non ha i soldi per farlo perché un terzo degli inquilini non paga affitto e spese condominiali. È un triste modello che si ripete in tutta Italia.

Ma a questo sistema che non funziona e distrugge le case, c'è rimedio, se si supera la barriera ideologica della sinistra italiana che ha due requisiti negativi: non vuole che i ceti popolari siano proprietari della casa e siano padroni del proprio risparmio e strizza l'occhio a gruppi finanziari importanti, con una alleanza che già Wilfredo Pareto descriveva, quando era a Firenze, nell'ottocento. Il rimedio è dare la proprietà della casa popolare a tutti gli inquilini che lo chiedono, a prezzo basso, facilitandoli nel mutuo e nelle rate di affitto e ammortamento e consentire ai futuri aspiranti alle case popolari di fare altrettanto, cominciando con la sistemazione, a proprie spese, dell'alloggio.

Così si hanno molti effetti positivi. Primo: si utilizzano le case sfitte che si stanno degradando e si sistemano famiglie non abbienti, che amano il risparmio e di questi alloggi si daranno cura, perché saranno loro. Secondo: gli enti hanno i mezzi per mettere a posto altri alloggi da affittare. Terzo, le occupazioni abusive cesseranno, perché i condomini si daranno cura di tutelare gli alloggi popolari sfitti. Quarto: l'ente ha mezzi per nuove case popolari.

Se si stabilisce che l'imposta di registro sulle abitazioni è ridotta dall'attuale 9% al 2% e non si paga fra parenti né verso loro società familiari, c'è anche un maggior mercato della casa per la gente comune e un contributo alla ripresa dell'edilizia, partendo dalla famiglia. Non è una teoria di mia invenzione. Si trova nel Codice di Camaldoli della Dc del 1943 (in un capitolo scritto da Vanoni, Saraceno, Paronetto), nella teoria liberale dell'economia sociale di mercato.

È sostenuta dalla milanese Fondazione Anna Kuliscioff che custodisce le opere di Turati e dei socialisti riformisti.

Commenti