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Interrogati sulle cause della morte. L'ipotesi ecstasy «cattiva». Ma la famiglia non ci crede

Soltanto loro potranno aiutare gli investigatori a capire che cosa è davvero successo alla povera Ilaria Boemi, la 16enne morta due notti fa sulla spiaggia del Ringo, a Messina. I giovani - un maggiorenne e una coetanea della vittima - sono stati rintracciati dalla Squadra mobile ieri pomeriggio per essere interrogati dal pm come «persone informate sui fatti». Non avrebbero consegnato loro la pasticca di ecstasy «avvelenata» che, secondo l'ipotesi degli inquirenti, avrebbe stroncato la vita della ragazza ma probabilmente potrebbero conoscere lo spacciatore che gliel'ha venduta. La coppia di amici - hanno raccontato i primi testimoni, un ciclista e un pescatore - si era dileguata dopo che Ilaria si era accasciata sulla spiaggia, intorno all'una di notte di lunedì scorso, subito dopo aver chiesto aiuto a un passante.

Per i risultati dell'esame tossicologico e dell'autopsia, svoltisi ieri mattina nella sala mortuaria del Policlinico di Messina, bisognerà attendere ancora qualche giorno anche se da una prima ricognizione della salma è stato accertato che il decesso è dovuto a sostanze esterne dal momento che non ci sono segni di violenza sul corpo di Ilaria, alcol o più presumibilmente una pasticca tagliata male.

«Se dovessimo trovare conferma a questa ipotesi - ha spiegato il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita - avvieremo controlli anche con le altre procure che trattano casi analoghi per verificare se in Italia sta girando dell'ecstasy letale». Continuano, in parallelo, pure le ricerche del cellulare scomparso che potrebbe contenere, nella lista delle ultime chiamate, indizi utili per risalire al pusher.

I familiari di Ilaria non credono però all'ipotesi che la giovane potesse far uso di droghe, nonostante alcune difficoltà caratteriali che l'avevano portata alla bocciatura a scuola. Ilaria aveva frequentato l'istituto d'arte Basile e successivamente si era iscritta alla scuola Jaci, indirizzo turistico.

Alla storia della pillola «cattiva» non crede soprattutto la sorella Samanta che, su Facebook, ha ricordato l'infanzia in comune con Ilaria. «Siamo cresciute insieme - ha scritto a corredo di una foto che le ritrae bambine, mano nella mano - io la sorella maggiore e tu quella minore. I primi bagnetti, i primi giochi, le prime risate, le prime litigate insieme e a volte anche qualche bastonata».

L'adolescenza le ha separate, ma non del tutto. «Poi crescendo le nostre strade si sono divise e tu non eri più la stessa, solo Dio sa quante volte mi facevo il sangue amaro a vederti con un piercing nuovo o con un nuovo colore di capelli ma allo stesso tempo rivedevo nei tuoi occhi la stessa bambina di un tempo desiderosa di affetto e di una mano di aiuto - ha continuato Samantha - ed io non potrò mai perdonarmi di non essere stata in grado di farlo, perché io ero quella più grande e io dovevo dirti cosa era giusto e cosa no». La conclusione è amara, straziante: «Questa vita fa schifo e non bisogna fidarsi delle persone, scusami».

Stamattina alle 10 l'ultimo addio nella chiesa valdese di via XXIV maggio.

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