Economia

Intesa avverte: "Salta tutto se il decreto viene cambiato"

La clausola inserita nel contratto di acquisto delle due banche venete. E il mercato premia l'acquisizione

Intesa avverte: "Salta tutto se il decreto viene cambiato"

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Il contratto firmato da Intesa per acquistare una parte delle attività delle due banche venete prevede una clausola risolutiva che lo renderà «inefficace» se il decreto varato domenica dal governo Gentiloni (e trasmesso alla Camera) non fosse convertito in legge, «ovvero fosse convertito con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo l'operazione, e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge». Sono queste le condizioni dettate dai vertici di Intesa per prendersi in carico depositi e obbligazioni senior di Vicenza e Montebelluna, «parliamo di circa 20-30 miliardi», ha detto ieri il presidente Gian Maria Gros-Pietro sottolineando che i debiti delle due banche hanno non vanno a carico dei contribuenti. «Parlare di regalo è completamente sbagliato», ha poi ribadito l'ad Carlo Messina.

Il gruppo ha intanto fornito l'elenco delle attività che comprerà al prezzo simbolico di un euro: crediti in bonis diversi da quelli ad alto rischio per 26,1 miliardi, attività finanziarie per 8,9 miliardi, attività fiscali per 1,9 miliardi, debiti verso clientela per 25,8 miliardi, obbligazioni senior per 11,8 miliardi, raccolta indiretta per 23 miliardi, di cui 10,4 miliardi di risparmio gestito, 900 sportelli in Italia e 60 all'estero, inclusa la rete di filiali in Romania, 9.960 persone in Italia e 880 all'estero. Oltre al contributo delle partecipazioni in Banca Apulia, Banca Nuova, Sec Servizi, Servizi Bancari e le banche con sede in Moldavia, Croazia e Albania. Il perimetro di acquisto comprende anche crediti in bonis ad alto rischio per circa 4 miliardi, con diritto però di Intesa di retrocessione nel caso la banca rilevi, «fino all'approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020», presupposti per classificarli come sofferenze o inadempienze probabili. A «tutela di ristoro per i piccoli risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle due banche», sono stati inoltre stanziati 60 milioni.

Tra le altre condizioni dettate da Intesa ci sono il contributo pubblico in contanti (3,5 miliardi non sottoposti a tassazione) a copertura degli impatti sui coefficienti patrimoniali; un ulteriore contributo pubblico sempre in contanti a copertura degli oneri di integrazione che riguardano, tra gli altri, «la chiusura di 600 filiali e l'applicazione del Fondo di Solidarietà in relazione all'uscita, su base volontaria, di 3.900 persone del gruppo risultante dall'acquisizione». Il contributo (1,2 miliardi anche questi non sottoposti a tassazione) sarà accantonato in un apposito fondo. Sono poi previsti 1,5 miliardi di garanzie pubbliche volti «alla sterilizzazione di rischi, obblighi e impegni che coinvolgessero Intesa per fatti antecedenti la cessione o relativi a cespiti e rapporti non compresi nelle attività e passività trasferite». Non solo. Le imposte differite attive delle banche acquisite saranno pienamente usufruibili da Intesa.

Secondo le stime degli analisti l'accordo rafforzerà gli utili del gruppo del 5-7% entro il 2020. Il titolo Intesa ha così chiuso la seduta in Piazza Affari con un +3,52%, trascinando in rally gli altri titoli bancari. L'indice Ftse Mib è infatti stato spinto oltre la soglia dei 21 mila punti (+0,8%) anche da Banco Bpm (+3,7%) Mediobanca (+2,8%), Bper (+2,6%), Unicredit (+2,2%), Ubi (+1,9%) e Banca Intermobiliare (+13,7%), controllata di Veneto Banca che non è stata acquisita da Intesa e sarà ceduta a parte.

Grande amarezza si respira invece fra i manager delle due venete. «Abbiamo pubblicato il piano, ognuno lo può valutare. Era fatto seriamente e il management ha lavorato bene. Poi il regolatore non ha ritenuto che meritasse la copertura finanziaria dello Stato. Se non ci hanno creduto pazienza, ora bisogna pensare al futuro», ha detto l'ormai ex presidente della Pop Vicenza, Gianni Mion, riferendosi al progetto di ristrutturazione e di rilancio, denominato Tiepolo 2.0, che prevedeva la fusione fra le due ex popolari del nord est con un aumento di capitale da 4,7 miliardi nel corso del 2017 e un taglio di 3.864 posti a 7.369 unità nel 2021.

L'ex ad della Vicenza, Fabrizio Viola, è fra i commissari liquidatori nominati da Bankitalia.

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