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Invaso e nelle mani dei trafficanti: Yemen abbandonato come l'Italia

Migliaia di persone in fuga dal Corno d'Africa per raggiungere un Paese tormentato. E le potenze mondiali stanno a guardare

Invaso e nelle mani dei trafficanti: Yemen abbandonato come l'Italia

Lo Yemen come l'Italia: dietro ai gommoni le storie si ripetono. Se ottant'anni fa i due Paesi erano stati accomunati da ambiziosi progetti d'espansione, oggi si ritrovano nella stessa trincea per combattere l'emergenza-migranti che, in questi giorni, ha raggiunto livelli drammatici sulle nostre coste e in quelle yemenite. Anche la mitica e lontana terra delle «Mille e una notte» che Pasolini definì «il Paese più bello del mondo» (e la sua capitale Sana'a «una Venezia selvaggia») è, infatti, diventata un miraggio reale per tantissimi profughi che, in questo caso, cercano di fuggire dal Corno d'Africa. É il solito sogno di una nuova vita che si trasforma in una micidiale bara d'acqua per tanti disperati, soprattutto bambini, gettati in mare da scafisti assassini: le cronache parlano di centinaia di vittime. É anche una specie di «replay» in clima tropicale del film che noi stiamo vedendo da tempo, da troppo tempo. Cambiano gli scenari, ma le carneficine sono uguali nel Mediterraneo e nel Golfo di Aden.

Sono davvero tante le analogie tra Roma e Sana'a. C'è, infatti, stato un tempo, il Ventennio, in cui l'Italia aveva esercitato una forte influenza su quel lembo di terra tanto da mettere sul chi va là le potenze occidentali, a cominciare dall'alta diplomazia di Londra. Se la Libia era stata, allora, la nostra Quarta Sponda, lo Yemen venne considerato un trampolino di lancio per le nostre ambizioni nella penisola araba. In quegli anni raggiunsero livelli-record gli scambi commerciali (e non solo) tra Mussolini e l'imam Yahya, Giovanni nel linguaggio del Corano, che regnò sino al 1948, quando venne assassinato da un avversario politico. L'alleanza, considerata sempre più in funzione antibritannica, si consolidò con il Trattato d'amicizia del 1926 che prevedeva, tra l'altro, una nostra missione sanitaria permanente, concessioni petrolifere e ripetute forniture d'armi.

Senza contare i nostri «007» che avevano libertà d'accesso in quel territorio ribattezzato «lo scatolone di sabbia». Ci fu, poi, un secondo accordo di «partnership» nel 1936 e, due anni dopo, un figlio dell'imam, el-Husayn, venne in missione a Roma e fu ricevuto da Mussolini e dal dal re: le porte verso Sana'a erano state definitivamente aperte con conseguente allarme rosso del Foreign Office.

Tanto che Freya Stark, una celebre viaggiatrice britannica dell'epoca, scrisse: «Gli italiani assomigliano a falchi, gli artigli pronti ad avventarsi». Mi chiedo: le eredi della Stark cosa dovranno dire, oggi, su Italia e Yemen invasi dai migranti e abbandonati da tutti?

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