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Inversione dei ruoli tra i quasi ex alleati: adesso sono i 5 Stelle a dettare la linea

In pochi giorni gli equilibri si sono capovolti. E Matteo gioca in difesa

Inversione dei ruoli tra i quasi ex alleati: adesso sono i 5 Stelle a dettare la linea

Bastano due foto a raccontare il ribaltamento dei ruoli nella crisi di governo più pazza del mondo. La prima è quella di Matteo Salvini in costume da bagno che guida le cubiste nell'offensiva del Papeete Beach, l'ultimo show del vicepremier prima di annunciare la crisi di governo. La seconda, a crisi ormai aperta e scontro parlamentare concluso con un brusco stop alla manovra di Matteo Salvini, è l'immagine di Luigi Di Maio in spiaggia a Palinuro per un Ferragosto in famiglia.

In pochi frenetici giorni, il leader leghista è passato dall'assalto che avrebbe dovuto abbattere il governo alla posizione di difesa del proprio ruolo: «Io ancora ministro dell'Interno l'anno prossimo? A Dio piacendo. Conto per l'anno prossimo di portare dei dati ancora migliori». Il leader del Carroccio è arrivato addirittura a smentire di aver detto a Conte di voler «staccare la spina al governo». Eppure la Lega ha depositato una mozione di sfiducia, preannunciata da un tweet di Salvini: «Chi perde tempo vuole solo salvare la poltrona. Per qualcuno #primalapoltrona, per noi #primagliitaliani. No inciuci! No governi tecnici! No giochini di palazzo!». Così, se fino a qualche giorno fa erano i Cinque stelle a chiedere a Salvini di ritirare la mozione di sfiducia e votare prima la riforma costituzionale con il taglio dei parlamentari, dopo Ferragosto la situazione è completamente ribaltata. I 5 Stelle giocano all'attacco, attaccando frontalmente l'ex alleato e smentendo qualunque trattativa. Anzi dicendosi addirittura ansiosi di arrivare al momento del voto della mozione di sfiducia, che fino a qualche giorno fa chiedevano di ritirare.

Salvini, al contrario, è passato dal picchiare duro sull'alleato, agli appelli accorati: «Chiedo agli amici 5 stelle se si vedono in futuro in un governo con Renzi, Boschi e Lotti», chiosati con un chiaro invito al dialogo: «Il mio telefono è sempre accesso». A cui Di Maio replica con frasi che sanno di addio: «Ognuno è artefice del proprio destino. Buona fortuna!».

Che le porte del dialogo gialloverde siano del tutto chiuse è ancora da vedere. Resta il fatto che Salvini dopo il voto alle europee ha sempre dettato la linea al governo, giocato all'attacco, ottenuto voti favorevoli anche sulle norme più contestate all'interno del M5s. La decisione improvvisa di evocare la crisi di governo, ma senza ritirare i propri ministri, ha cambiato le carte in tavola.

Salvini pare non aver previsto due fattori fondamentali: la facilità con cui Matteo Renzi ha smentito se stesso e aperto al dialogo con i 5s e il mutato peso di Giuseppe Conte. Davide Casaleggio ha da tempo deciso di investire su di lui, affiancandogli il suo uomo della comunicazione, Rocco Casalino. Salvini, abituato ad avere di fronte un alleato reso malleabile dal crac elettorale e dalle contestazioni interne come Luigi Di Maio, si ritrova a fare i conti con un premier che è riuscito a ritagliarsi un certo ruolo istituzionale e un consenso personale. Ed è lui a dare le carte.

Almeno per ora.

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