Politica

«Io mai razzista», Di Canio scrive agli ebrei d'Italia

In una lettera alla comunità ebraica l'ex calciatore chiarisce: «Le leggi razziali? Una vergogna»

Jacopo Granzotto

Roma Il 48enne Paolo di Canio ha sempre risolto certe questioni personalmente. In campo non era uno facile, collezionava risse e cartellini. È amatissimo in Inghilterra, in Scozia, in Italia ha diviso da calciatore e poi ha unito di più da commentatore televisivo. Ma due mesi fa fu sospeso da opinionista calcistico a SkySport: conduceva la nuova trasmissione sul campionato inglese e durante la promozione sui social network della trasmissione, una foto mostrò il tatuaggio sul braccio destro, quello con la scritta «Dux». Si scatenò il consueto putiferio mediatico e così scattò la sospensione.

Di Canio, ieri è voluto tornato sull'argomento per chiarire, in una lettera inviata alla presidentessa delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, che l'ammirazione per il condottiero non centra con le «infami politiche razziali». Scrive, dunque, l'ex giocatore: «Vorrei, attraverso di Lei, rivolgere un messaggio alle Comunità ebraiche che rappresenta. So che è a conoscenza della mia vicenda personale, non ho bisogno di riassumerla in questa circostanza; certamente, in questo periodo di tempo lontano dalla mia dimensione pubblica, ho avvertito profonda l'amarezza per essere ancora considerato negativamente per le espressioni e i miei gesti passati, sino ad essere rappresentato come non sono. Vorrei ribadire, una volta per tutte, che non voglio avere niente a che spartire con idee antisemite, razziste, discriminatorie, violente. Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi razziali volute da Mussolini siano state un'infamia per la storia del nostro Paese che causò un'immane tragedia per migliaia di ebrei in Italia. Questa è la mia posizione. Qualche anno fa ho chinato la testa di fronte al dolore di alcuni superstiti di Auschwitz che ho conosciuto a Roma. Essendo io un personaggio pubblico, credo di dover dar conto di questo mio sentire così da contribuire a una sensibilizzazione dei nostri giovani verso sentimenti di solidarietà e rispetto, per unire e non per dividere, contro ogni forma di odio e di razzismo».

La replica della Di Segni non si fa attendere. «I tempi in cui viviamo impongono grande attenzione alle parole che usiamo, ai gesti che compiamo e ai simboli che accompagnano la nostra vita privata e in pubblico. Un senso di responsabilità, nell'arginare ogni forma di odio, che grava ancor più a chi si rivolge al grande pubblico e che ricoprendo un preciso ruolo ha una chiara riconoscibilità mediatica, e inevitabilmente concorre a formare le coscienze e le opinioni soprattutto dei giovani».

Di Canio è uomo di destra senza centro. Fece scalpore l'uso del saluto romano per manifestare appartenenza alla curva della Lazio. L'allora segretario generale della Fifa Joseph Blatter si sdegnò. Ma in tv le opinioni politiche non le ha mai manifestate. Né le ha ostentate. Non ha intenzione di farlo.

Coerente, quello sempre .

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