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"Io, miss preferenze lombarda silurata dalla giunta Fontana"

L'azzurra è delusa: «Sono stata tolta dalla squadra all'ultimo minuto e nessuno mi ha detto il perché»

"Io, miss preferenze lombarda silurata dalla giunta Fontana"

Milano «Voglio solo sapere perché al mattino ero in giunta e nel pomeriggio il mio nome è sparito». Silvia Sardone (Forza Italia) è il caso del giorno a Milano. Due anni fa era consigliera di zona, nel 2016 è entrata in Comune con 2.300 preferenze. L'anno dopo è stata fra gli artefici della clamorosa conquista della roccaforte rossa Sesto San Giovanni. Dieci mesi dopo, nuovo exploit personale: 11.312 preferenze, secondo candidato più votato in Regione Lombardia. Un «bottino» che la proietta in tutti i toto-assessori, fino al finale a sorpresa: esclusa all'ultimo dalla delegazione azzurra nella giunta di Attilio Fontana.

Sardone, ora che ci ha dormito su, è un po' meno arrabbiata per l'esclusione?

«Io ho solo chiesto una spiegazione al partito nel quale milito da 19 anni. Dopo 24 ore non l'ho ancora avuta».

Qualcuno dice: capita, ingoia il rospo e vai avanti.

«Io ho 35 anni, sono nata e vivo in periferia, ho laurea e dottorato, due mandati in Zona alle spalle, sono una persona perbene, forse ho calpestato qualche piede. Ma ora voglio sapere cosa non va».

C'è chi consiglia un giro in Consiglio per farsi le ossa.

«Se valesse per tutti ok. Ma su 4 assessori di Fi, due sono al primo mandato. Non ce l'ho con loro ma di esperienza, in generale, ne ho più di altri. Il partito ha parlato di consenso e territorio come criteri, poi ha rinunciato a un assessorato anche se Fontana mi voleva in squadra».

Lei come se lo spiega?

«Sono libera, una che si fa da sola. Altri hanno preso l'ascensore, io le scale. Ho preso troppi voti? Sono troppo brava o visibile? Vi pare una giustificazione accettabile? È folle».

Ha sentito i vertici regionali del movimento?

«Mi risulta che la coordinatrice Gelmini avesse fatto il mio nome. L'ho sentita e si è assunta la responsabilità di tutto e io lo apprezzo. Non mi interessano le colpe ma non basta».

Adesso che succede? Presidente di commissione?

«Non lo so, non mi interessa. Non faccio questa battaglia per avere poltrone, ho sempre preso i voti dall'opposizione e ho portato voti al partito, ma il mio partito che messaggio dà? È contrario alle preferenze. Per me la selezione interna non può prescindere dall'appoggio dei cittadini».

Si appella alla meritocrazia citata da Silvio Berlusconi.

«Sì e non mi risulta che i nomi li abbia fatti Berlusconi. Disse che ero brava quando ero in Zona, non penso abbia cambiato idea. Io non sono una cortigiana. Amo chi emerge, non chi viene cooptato».

Ora potrebbe lasciare Fi? Ha ricevuto telefonate?

«Tante da non riuscire a rispondere. Da Giovanni Toti, ma perfino dal Pd. Non so qual è lo sbocco, devo capire. Qualcuno dice che sono troppo simile ai leghisti ma io ho scelto Fi pensando fosse popolare. Sono loro che sbagliano se sono diventati da salotto. Io sto per strada, con la gente.

Qualcuno mi schifa per questo ma io so quanto costa un litro di latte».

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