Cronache

Ira contro l'imam moderato: infedele, va preso a bastonate

Lecce, il capo della moschea minacciato per le prediche di pace e dialogo. Gli estremisti sono italiani convertiti

Ira contro l'imam moderato: infedele, va preso a bastonate

L' imam predica pace, moderazione, contro il terrorismo, le bandiere nere e getta un ponte con i cristiani? «È un infedele, un Papa, che merita di essere preso a bastonate» secondo gli accoliti dell'Islam duro e puro. Non è capitato in Afghanistan oppure in Arabia Saudita, ma a Lecce, a casa nostra. E i minacciosi detrattori sono in gran parte convertiti all'Islam del Salento e nel resto d'Italia. Sembra quasi che questi connazionali islamici della prima o ultima ora vogliano dimostrare di essere più duri e puri dei musulmani da sempre.

Nei giorni scorsi, Saiffedine Maaroufi, imam di Lecce, aveva addirittura deciso di chiudere il suo profilo Facebook con 15mila fan a causa delle minacce. E segnalare il fatto alla Digos. «Mi accusano ha detto il predicatore di essere un infedele, un Papa dei musulmani, che merita di essere preso a bastonate». L'imam ha ricevuto minacce anche in passato per le sue prediche molto aperte e innovative. Maaroufi è stato uno dei primi a tenere i sermoni in arabo e in italiano, come viene indicato adesso dal ministero dell'Interno. «Quello che mi sorprende di più è che questi attacchi provengono da musulmani - ha sottolineato l'imam di Lecce -. Si tratta di un gruppo composto da italiani convertiti all'Islam, residenti nel Salento ma anche in altre parti d'Italia, tutti aderenti all'associazione Ritorno all'Islam».

Nei giorni scorsi Maaroufi aveva a malincuore annunciato di «essere stato costretto a chiudere la pagina Facebook perché ho paura per la mia famiglia». Dopo una vera e propria sollevazione a suo favore, non solo in rete, di politici, cristiani, atei, musulmani non estremisti ha deciso mercoledì di riaprire il profilo sul social. «Solo uniti si può sconfiggere la paura» ha detto lo stesso Maaroufi facendo suo una specie di slogan di protesta contro le minacce subite.

«L'imam Saifeddine viene sistematicamente preso di mira ogni volta che si esprime a favore della pace, del dialogo interreligioso, della reciprocità e quando mette in discussione alcune usanze condivise dagli ambienti estremisti, ma che spingono all'intolleranza. Saifeddine ha tra l'altro preso posizione in più occasioni contro l'Isis» spiega Giovanni Giacalone, analista del radicalismo islamico.

L'aspetto inquietante è il ruolo dei convertiti in questa campagna denigratoria. In Italia sono almeno 80mila, ma alcune fonti parlano di 115mila. E aumentano a un ritmo di 4mila l'anno. Oltre la metà, il 55%, è composta da donne, come Giulia/Fatima Sergio, la prima lady Jihad italiana che ha aderito al Califfato partendo per la Siria. Il termine «conversione» viene respinto dal mondo musulmano. Mohamed Ben Mohamed del Centro islamico di Centocelle, a Roma, ha spiegato: «Noi fedeli crediamo che ogni uomo sia nato musulmano. Perciò, quello che comunemente si definisce conversione, in realtà è solo il prendere coscienza di qualcosa che si è sempre stati. Per questo parliamo di ritorno all'Islam».

Purtroppo, fra chi «ritorna all'Islam» si annidano anche degli estremisti. Fin dal 2014 l'imam Saifeddine viene pesantemente attaccato su Facebook per le sue posizioni moderate ed aperte. Addirittura non andava bene che giudicasse la semplice festa di compleanno non «haram», peccato. Una convertita originaria di Roma, che fa parte di un giro di italiani «tornati all'Islam», lo ha bollato come «pazzo» e «kufr» termine sprezzante per innovatore, deviato, pericoloso. Secondo Giacalone «è evidente che certi ambienti non solo non condividono l'approccio dell'imam leccese, ma lo temono perché porta via eventuali giovani proseliti all'Islam radicale di stampo salafita e wahhabita.

Emerge dunque l'ennesima palese spaccatura all'interno del mondo islamico in Italia».

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