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Isis, gas e guerra in Ucraina. Ecco il vertice delle minacce

I leader europei giurano di aspettare Putin al varco per metterlo alle strette sul caso Kiev. E lui allude al rischio di chiusura dei rubinetti per l'Unione

Isis, gas e guerra in Ucraina. Ecco il vertice delle minacce

Putin è arrivato in ritardo al Palazzo Reale di Milano per prendere parte alla cena di gala offerta dal Presidente Giorgio Napolitano, subito duro sull'Isis: «Nessuno di noi può sottrarsi a risposte le più ferme di fronte alle minacce incombenti. Ci vuole impegno comune contro l'inaudita barbarie del cosiddetto Isis»». Messaggio chiaro e forte. Ma il linguaggio della politica e della diplomazia sa essere sinuoso e di impegnativa interpretazione quando si tratta di inviare messaggi indiretti. Altre volte però, se l'obiettivo è quello di farsi ben intendere soprattutto da un'opinione pubblica simpatetica, il frasario prescelto può essere invece essere molto diretto e quasi minaccioso. Nei preliminari del vertice Asem di Milano, dove sono al centro dell'attenzione questioni politiche ed economiche di grande rilievo che vedono protagonista la Russia e il suo leader attivo e controverso Putin, è stato fatto sfoggio dell'uno e dell'altro.

Così l'abile presidente russo, toccando ieri mentre ancora era a Belgrado sulla via dell'Italia il tema delicato delle forniture di gas naturale, ha da una parte assicurato che Mosca «non intende creare crisi nell'autunno-inverno» (leggi: chiudere i rubinetti dei nostri termosifoni), ma dall'altra ha chiarito che «se vediamo che i partner ucraini cominciano a deviare il gas dal sistema di pipeline utilizzato per l'export, allora taglieremo i flussi verso l'Europa per un ammontare equivalente» (ovvero: i rubinetti potremmo chiuderli eccome). Salvo concludere il suo discorso mettendo le mani avanti rispetto a un eventuale inverno a corto di gas siberiano: «Posso dire con piena certezza e responsabilità che le controparti russe agli scambi energetici non potranno essere incolpate di alcuna crisi in Europa». Una minaccia indiretta ma piuttosto chiara, della quale sembrano però doversi preoccupare solo i dieci Paesi orientali dell'Ue, che dipendono per intero da Mosca. Gli altri, come ha affermato ieri il commissario Ue all'Energia Guenther Oettinger, saranno invece garantiti dalle scorte anche se il gas russo venisse sospeso per sei mesi.

Alcuni leader occidentali hanno usato invece nei confronti di Putin un linguaggio diretto, mostrando di non volergli fare alcuno sconto sulle questioni di fondo che motivano le sanzioni contro la Russia. Ad attenderlo al varco ci sono la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande e perfino il premier australiano Tony Abbott, che gioca d'anticipo in quanto vedrà Putin solo tra un mese al vertice G20 di Brisbane, nel suo Paese. La Merkel e Hollande hanno fatto sapere in anticipo che incalzeranno il presidente russo sulla questione dell'effettiva attuazione dell'accordo di Minsk. Merkel è stata la più esplicita, accusando Mosca di «gravi mancanze nell'attuazione dei suoi impegni».

Ma il campione nell'uso del linguaggio diretto è stato certamente Abbott, che ha una motivazione molto forte: sul volo MH17 abbattuto sui cieli del Donbass nello scorso luglio sono morti 38 australiani. Il premier di Canberra, che come Putin ama ostentare con pose da macho il proprio fisico plasmato dalla pratica sportiva, annuncia bellicosamente che chiederà «un incontro a due per una discussione molto seria».

Abbott pretende spiegazioni chiare sull'abbattimento dell'aereo della Malaysian Airlines, episodio che ha definito «non un incidente ma un crimine, perché l'aereo è stato abbattuto da ribelli sostenuti dalla Russia usando armi fornite dalla Russia».

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