Mondo

Israele bombarda la Siria. La nuova minaccia sono sempre gli iraniani

Fabbrica di armi chimiche distrutta dai jet. Decisivo il ruolo di Hezbollah a Damasco

Israele bombarda la Siria. La nuova minaccia sono sempre gli iraniani

Gerusalemme - Era quasi la mattina di ieri quando, secondo fonti straniere, una squadra di jet dell'esercito israeliano ha attaccato una fabbrica di armi chimiche e di bombe su territorio siriano, nella regione di Hama a Masyaf. Se ne parlò già nel 2014 come di un alacre centro produttore di veleni chimici pronti per testate missilistiche. Nell'attacco sette persone sono morte, e dal governo di Assad sono subito partite minacce di «serie conseguenze» per il bombardamento e anche congetture sull'interesse di Israele a aiutare l'Isis in difficoltà. Ma l'Isis odia Israele più di quanto odi Assad e Israele la combatte sul suo territorio e fuori con totale determinazione.

La faccenda è ben diversa: la guerra scatenatasi ormai da sei anni sul territorio siriano è innanzitutto una guerra di ribelli più o meno radicali contro il dittatore Assad. Gli sono giunti in aiuto, costretti poi a condurre una guerra anche contro l'opposizione estremizzatasi in Isis, gli Hezbollah pilotati dall'Iran con sullo sfondo la presenza egemonica di Putin. È per questo complesso puzzle che l'attacco di ieri (ripetiamo, le fonti israeliane tacciono e non ci sono conferme di sorta che si tratti di un'iniziativa israeliana) assume, come dice l'ex capo dei servizi militari Amos Yadlin, una caratteristica «non di routine». Certamente Iran e Hezbollah sono i peggiori e i più pericolosi nemici di Israele. Suoi, senza dubbio, sono stati in questi mesi i frequenti attacchi, che ormai si contano a centinaia, ai convogli iraniani carichi d'armi diretti nelle mani delle Hezbollah per rinforzare la loro forza militare destinata non solo al fronte siriano ma anche e soprattutto alla comune guerra strategica contro Israele.

Gli Hezbollah si sono spesso vantati di aver ormai accumulato 100mila missili, e l'espansione del loro confine oltre quello del Libano a incorporare il bordo siriano di fatto è un rischio strategico che Israele ha più volte denunciato, perché implica la presenza di un violento, largo fronte sciita con il coltello fra i denti contro lo stato ebraico. L'attacco alla fabbrica d'armi, detta Cers («Scientific Studies and Research Centers») che è un centro di morte chimica e distruzione sperimentata più volte sui cittadini siriani stessi, certifica la decisione di Israele di rafforzare le proprie linee di guardia quando si tratta di proteggere il proprio territorio e la vita dei suoi cittadini.

Nei giorni scorsi si è parlato della costruzione di due nuove fabbriche d'armi degli Hezbollah, di cui una sotterranea. In questi giorni l'allarme proveniente dal Nord Corea riporta alla luce la questione nucleare legata all'Iran e la sua continua promessa di distruggere Israele. Israele non lo vuole attaccato al confine. Il punto delicato però è la presenza russa: Netanyahu ha cercato di disinnescarlo con un franco colloquio con Putin in cui gli chiedeva che ogni soluzione per la Siria preveda l'allontanamento dell'Iran e degli Hezbollah. La risposta è stata poco rassicurante.

Le due parti si sono promesse di evitare scambi di fuoco fra aerei, ma finora si parla di almeno un paio di volte in cui i proiettili russi hanno inseguito gli israeliani. L'operazione di ieri ha il sapore di grande mossa preventiva che ebbe la distruzione del reattore di Ozirak in Irak nel 1981 e del sospetto sito nucleare siriano di Deir el Zor nel 2004. Si parlò anche di molte tracce di intervento nordcoreano nell'area. In una parola: proprio adesso, Israele non intende diventare oggetto dei sogni aggressivi, balistici, nucleari, dell'Iran che con gli Hezbollah gli respira addosso.

Il segnale di ieri è al mondo intero.

Se i russi non intendono garantire a Israele un'area libera da pericoli mortali, se anche gli Stati Uniti, come sta accadendo, nicchiano dando priorità alla questione Isis, Israele farà da solo.

Commenti