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"Italo vivrà nei nostri cuori" Ma avere pietà ora è inutile

Gli amici dell'assassino che ha vendicato la moglie ammettono: «Abbiamo solamente fomentato l'odio»

"Italo vivrà nei nostri cuori" Ma avere pietà ora è inutile

Troppo tardi. Ora gli amici di Fabio dicono: «Non dovevamo assecondarlo, dovevamo fargli capire che stava sbagliando... che stavamo sbagliando. Abbiamo solo fomentato l'odio». Sono gli stessi amici che lo accompagnavano ogni giorno al cimitero, che gli facevano compagnia quando Fabio si accasciava sulla panchina che aveva messo davanti alla lapide della moglie, per «starle sempre vicina», per «non abbandonarla mai». Fabio aveva tanta gente attorno, ma si trattava di corpi privi di anima. Quello di Vasto è il dramma di due solitudini «affollate». Persone che attorno a Fabio e Italo hanno fatto branco, incapaci di proteggere ma vogliose di azzannate.

Sembrerà strano, ma il destino di Fabio Di Lello (l'assassino) è quello di Italo d'Elisa (la vittima) hanno un fondamentale punto in comune: il dolore. Quello devastate di Fabio, 34 anni, a cui un maledetto incidente stradale ha rubato la moglie Roberta, 33 anni, e quello di Italo, 22 anni, che il maledetto incidente lo ha involontariamente provocato. Eccole le due solitudini, nascono dal groviglio di lamiere di un'auto che brucia il rosso del semaforo e travolge uno scooter.

Subito a Vasto, scende in campo la «folla». Ma lo fa non per smussare gli angoli del dramma, ma per acuirne le asperità. Fabio e Italo potrebbero (dovrebbero), pur da fronti «opposti», solidarizzare tra loro; invece le rispettive schegge di tormento tagliano il sanguinoso solco della divisione.

Fabio e Italo cominciano a guardarsi male (chi dei due lo abbia fatto per primo, conta poco): quelli di Fabio lampi di odio, quelli di Italo sono oscuri bagliori di paura distillati nel senso di colpa. La vita di Roberta è stata scippata e, agli occhi di Fabio, lo scippatore ha il volto di Italo. È in questa fase che, tra i già fragili equilibri psicologici dei protagonisti, irrompe come uno schiacciasassi la «folla». Dovrebbe placare gli animi, invece li aizza. Sui muri compaiono i primi manifesti: «Giustizia per Roberta!». Come se fosse in atto un complotto per negargliela, la giustizia. Ma non è così. Anzi, la procura di Vasto si muove presto e bene: ritira la patente a Italo, lo denuncia per omicidio colposo, lo lascia a piede libero (i presupposti per l'arresto non esistono), lo rinvia a giudizio e fissa la prima udienza del processo. Il tutto si svolge nell'arco di 6 mesi. Sei mesi non 6 anni. Non si può dunque parlare di «giustizia al rallentatore» come ha fatto non solo tanta gente seduta al bar, ma addirittura il vescovo dall'altare. Inutile. Gli striscioni si moltiplicano. La scritta che invoca la «giustizia» (fomentando la vendetta) campeggia sulle vetrine, in testa ai cortei con le fiaccole, ai bordi del campo sportivo dove, reclamando il «carcere per Italo», si organizzano finanche tornei; e poi violentissimi «dibattiti» social, petizioni, sit-in, annunci che arringa la «folla» con la bava alla bocca. Italo sente addosso il fiato degli sciacalli. Qui non siamo in una metropoli dove puoi nasconderti o farti dimenticare: Vasto è un buco per nulla vasto. La «folla» incrocia Italo, ma lo scansa. Anche gli «amici» lo evitano. Perde il lavoro. Eccola la seconda solitudine in questa bruttissima storia: è la solitudine di Italo. Lui può solo fuggire in bicicletta sui monti. A fargli compagnia unicamente le telefonate del padre (l'unica persona che non lo ha mai abbandonato): «Italo cosa fai?», «Italo dove sei?», «Italo con chi stai?». Domande di un padre con un presentimento angosciante. La «folla» nera di rancore lo aveva avvertito: «Stai attento a tuo figlio, potrebbe capitargli qualcosa di grave...». E l'incubo si è materializzato in tre colpi di pistola che Fabio ha sparato a bruciapelo. Doveva essere l'ennesimo «chiarimento» con Italo, si è trasformato in un omicidio. Ieri Fabio dal carcere non ha risposto al pm, limitandosi a dire: «Sono affranto, ho rovinando la mia vita». Nella stessa giornata si sono celebrati i funerali di Italo. Fuori dalla chiesa uno striscione: «Italo, vivrai sempre nei nostri cuori». Tanti fiori, cuori bianchi e applausi. Ma pre un commento amarissimo: «Siamo ipocriti, Italo lo abbiamo ammazzato anche noi».

A pochi metri una vecchia scritta con lo spray: «Italo in galera!». Qualcuno ha vanamente cercato di cancellarla.

Al pari della coscienza sporca.

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