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Johnson all'attacco finale, May accetta la sfida

L'ex ministro degli Esteri propone una «hard Brexit» e un accordo simile a quello Ue-Canada

Johnson all'attacco finale, May accetta la sfida

Londra Si apre oggi a Birmingham la conferenza annuale del partito conservatore inglese. E la tre giorni, che si concluderà mercoledì, ha tutte le premesse per diventare il redde rationem dei Tories. Un partito profondamente diviso al proprio interno in cui molti esponenti, anche di primo piano, da settimane stanno apertamente sfidando la guida di Theresa May. E su tutto aleggia l'inesorabile conto alla rovescia della Brexit, al cui inizio mancano 180 giorni.

Il primo ministro arriva all'appuntamento vacillando fortemente dopo lo schiaffo ricevuto a Salisburgo dai colleghi dell'Ue che hanno per molti inaspettatamente cestinato la proposta inglese che avrebbe dovuto risolvere lo stallo negoziale. Quando Theresa May lo presentò ai colleghi di gabinetto lo scorso 6 giugno fu subito rottura: David Davis, il capo negoziatore inglese, e Boris Johnson, il ministro degli Esteri, se ne andarono pochi giorni dopo sbattendo la porta. Sono proprio loro a guidare la fronda più numerosa del partito conservatore, quella che propugna una hard Brexit senza accordo con Bruxelles perché ritenuta vantaggiosa per il Paese. Dei due, Johnson è quello che più aspira a prendere il posto di May: «Una persona eccezionale l'ha definita alla Bbc ma la cosa più importante per me è impedire qualcosa che penso sarebbe un disastro economico e politico per questo Paese». L'alternativa a Chequers, per gli hard brexiteers, è sulla falsariga del Ceta, l'accordo attualmente in vigore tra Ue e Canada. Porterebbe a una maggiore indipendenza dai regolamenti comunitari rispetto a Chequers ma, secondo il primo ministro, implicherebbe il ritorno a un confine fisico tra le due Irlande. Irricevibile per May. Ad appoggiare Johnson vi sono una cinquantina di parlamentari riuniti nello European Research Group, forse sufficienti per innescare un voto di fiducia sulla leadership ma non abbastanza per guadagnare la maggioranza del partito e scalzare il primo ministro.

Dall'altra parte dello spettro politico, meno pericoloso per May ma comunque pugnace, vi è poi un gruppetto di parlamentari conservatori che spinge per una soft Brexit o, in alternativa, per un secondo referendum. Ridare voce alla gente è un mantra partito dalla base del Labour qualche mese fa e che oggi, secondo alcuni sondaggi, ha convinto circa la metà degli inglesi e anche alcuni esponenti Tory. Il popolo si è già espresso, ribatte però il premier, e sta a noi portare a casa una Brexit che funzioni.

E nonostante tutto sono in molti a pensare che anche stavolta la May possa vincere la contesa interna al partito.

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