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Juncker: "Abbiamo sbagliato a insultare i greci"

Mea culpa del presidente della Commissione Ue sull'austerity «avventata» durante la crisi

Juncker: "Abbiamo sbagliato a insultare i greci"

Roma Un'autocritica sulle politiche di austerity e in particolare sulla cura imposta alla Grecia da un'Europa debole e condizionata dal Fmi. Poi la sfida agli stati membri, invitati ad approvare una riforma che rafforzerà il Consiglio europeo sulle politiche fiscali, imponendo a tutti di tassare i giganti del digitale.

Alla plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo per celebrare il ventennale dell'euro ha tenuto banco la proposta anticipata negli ultimi giorni dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. Ieri è stata illustrata dal presidente dell'esecutivo europeo JeanClaude Juncker.

In sintesi, sulle materie fiscali sulle quali già oggi la sovranità è condivisa tra stati e Unione, le decisioni potranno essere prese con una maggioranza qualificata e non più all'unanimità.

La riforma sarà attuata per tappe. Il Consiglio europeo, l'istituzione dove sono rappresentati gli stati, potrà votare delle conclusioni e approvarle anche se uno o più membri saranno contrari. Tra i temi coinvlti dalla riforma, l'Iva, le accise e, sopratutto, l'armonizzazione della base imponibile della tassazione dei grandi gruppi digitali.

In sostanza l'Ue potrebbe varare norme che farebbero scomparire la fiscalità di favore verso giganti tech in vigore in alcuni stati. Oggi 24 stati su 28 sono favorevoli a tassare i colossi digitali e per questo il dossier è bloccato.

Il ventennale dell'Euro è stato anche l'occasione per fare il bilancio sulla «più grave crisi dell'Eurozona». Crisi finanziarie e dei debiti sovrani che hanno messo alla prova le istituzioni europee.

Secondo il presidente Juncker, è stata messa in atto una «austerità avventata» Non perché abbiamo voluto punire coloro che lavoravano o coloro che erano disoccupati, ma perché le riforme strutturali, indipendentemente dal regime monetario in cui ci si trova, restano essenziali».

Poi il presidente della Commissione ha preso di mira il Fondo monetario internazionale, che ha condizionato troppo le scelte di Bruxelles. «Mi spiace che sia stata data troppa importanza all'influenza del Fmi. Eravamo in molti all'inizio della crisi a pensare che l'Europa avesse abbastanza muscoli per resistere a se stessa e all'influenza del Fondo monetario. Se la California è in difficoltà, non si rivolge al Fmi - è la riflessione - ma agli Stati Uniti. E noi avremmo dovuto fare lo stesso».

Un riferimento particolare alla crisi del debito di Atene. «Non siamo stati sufficientemente solidali con la Grecia», anzi «l'abbiamo insultata e coperta di invettive».

Autocritica respinta dal vicepremier Luigi Di Maio: «Le lacrime di coccodrillo non mi commuovono. Juncker e tutti i suoi accoliti hanno devastato la vita di migliaia di famiglie. Sono errori che si pagano - sostiene il post - i cittadini europei non si fanno fregare da finti pentimenti fuori tempo massimo e il 26 maggio non avranno nessuna pietà».

Parole critiche verso l'Europa anche dal ministro dell'Economia Giovanni Tria: «Rischiamo il collasso dell'Ue se le sue politiche continuano a creare divergenze e non convergenze tra gli Stati membri».

Il futuro dell'Europa dipende dalla riforma della governance economica che potrebbe rendere l'Ue meno dipendente dal Fmi, come auspica Juncker.

Ma non a favore di una politica economica espansiva, come sperano molti.

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