Brexit

Juncker accelera l'addio, la Merkel lo sconfessa: non servono cattiverie

I Paesi fondatori invocano tempi brevi Berlino frena: il primo passo tocca a Londra

Juncker accelera l'addio, la Merkel lo sconfessa: non servono cattiverie

Roma - Sembra uno scontro aperto, ma chi conosce bene le dinamiche europee ci vede l'inizio di una trattativa, dura ma inevitabile. Da una parte la classe politica del Regno unito che prende tempo tatticamente. Dall'altra le istituzioni europee - per una volta tutte d'accordo - che invece chiedono un iter accelerato.

Ieri il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha rilasciato due interviste, durissime, a due media tedeschi. «Non è un divorzio amichevole ma dopotutto non era neanche una grande relazione amorosa», ha detto alla emittente Ard. «Non capisco - ha poi aggiunto - perché il governo britannico abbia bisogno di attendere fino al mese di ottobre per decidere se inviare la lettera di divorzio a Bruxelles. Gradirei averla immediatamente».

Il riferimento è alle dimissioni di David Cameron rinviate a ottobre e poi alle uscite di Boris Johnson, leader conservatore in pectore che ha preso tempo ed è arrivato a sostenere che non è detto si debba applicare il famoso articolo 50 dei trattati europei, quello che regola l'uscita di un paese dall'Ue. Si tratta di tattica per ottenere il massimo risultato.

Il Regno unito minaccia un lungo periodo di incertezza fino a quando non otterrà quello che vuole, cioè mantenere i privilegi del mercato unico, quindi l'accesso ai consumatori del continente, senza seguire le regole Ue.

Precedente pericoloso per le istituzioni europee. Se il Regno unito ottenesse tutto quello che vuole altri seguirebbero con nuovi referendum magari per uscire dalla moneta unica: l'Olanda e la Francia soprattutto.

Ieri la riunione a Berlino dei ministri degli Esteri dei paesi fondatori dell'Unione europea è finita con un altro appello al governo di Londra affinché «faccia chiarezza e attui le decisioni il prima possibile».

Nelle stesso ore da Bruxelles arrivavano segnali di un'accelerazione nell'uscita del Regno unito. Il commissario ai servizi finanziari, il britannico Jonathan Hill, ha dato le dimissioni. Conservatore, approdato a Bruxelles anche se euroscettico, si è detto deluso dal risultato elettorale e si è fatto da parte.

Junker ha accettato le sue dimissioni e ha passato le sue deleghe al vice presidente responsabile per l'Euro, Valdis Dombrovskis, in attesa di un successore. Che, ha precisato la commissione in una nota, sarà deciso con il premier David Cameron e sarà comunque di nazionalità britannica.

Precisazione che rende l'idea di come il clima, dopo i toni aspri di venerdì, sia in via di miglioramento. Non conviene a nessuno andare allo scontro frontale con il Regno unito. Ieri il cancelliere tedesco Angela Merkel lo ha ricordato ai partner europei e, soprattutto, a Juncker che gli aveva chiesto una posizione chiara e netta. «Possiamo riuscire solo se lavoriamo assieme». I tempi devono essere brevi, ma non c'è bisogno di essere «cattivi» e il primo passo spetta a Londra. Quasi una sconfessione della Commissione.

La Germania, insomma, sarà ancora un protagonista. E lo ha ammesso lo stesso Juncker, in una intervista alla Bild. Il quotidiano popolare tedesco è inspiegabilmente preoccupato che il voto di Londra favorisca un asse «Parigi-Roma-Madrid».

Alla Germania, ha replicato il capo dell'esecutivo Ue toccherà al contrario «un incarico ancora più importante».

Commenti