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Kabobo? Per i pm danneggiò l'Expo e il Comune

Kabobo? Per i pm danneggiò l'Expo e il Comune

Non solo i tre passanti morti, colpiti da una rabbia fuori controllo. Ma anche la pubblica amministrazione e persino Expo, che escono dalla strage ammaccate nell'immagine. Lo scrivono i giudici della seconda Corte d'Assise d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui hanno confermato la condanna a 20 anni di reclusione inflitta in primo grado ad Adam Mada Kabobo, il ghanese che nel maggio di due anni fa prese un piccone e seminò il panico nel quartiere di Niguarda.

Il triplice omicidio, scrivono le toghe, avrebbe infatti provocato «comprensibile intenso allarme nella cittadinanza, con conseguente danno per l'amministrazione comunale». Ossia Palazzo Marino, che si era costituito parte civile nel processo. Un danno calcolabile anche nell'«azzeramento degli effetti auspicati in conseguenza della costosa attività di promozione dell'immagine della città anche all'estero» in vista di Expo 2015, «sia sotto il profilo della verificata inefficienza dell'attività di lotta alla violenza predisposta dal Comune a tutela degli abitanti della zona, teatro dei plurimi omicidi». Non a caso, nel giorno dei funerali delle vittime il sindaco Giuliano Pisapia venne contestato da alcuni residenti di Niguarda. Il problema della sicurezza, dunque, era evidente ben prima di Kabobo. Così come non erano piaciute le parole del sindaco, che subito dopo la triplice aggressione scelse di sottolineare come fosse «assolutamente incomprensibile che nessuno abbia avvisato le forze dell'ordine».

La difesa di Kabobo, nel suo ricorso in appello, aveva sostenuto che «non è l'immagine di Milano ad essere lesa, quanto l'immagine degli apparati dello Stato che non sono risultati in grado di prendersi carico di un soggetto individuato, già all'epoca della detenzione a Lecce, come affetto da problemi psichiatrici gravi». Secondo i giudici d'appello, invece, Palazzo Marino ha subito un danno d'immagine, prodotto dal «grande clamore mediatico sui giornali nazionali e sulle reti televisive, anche straniere, della notizia dell'omicidio di tre cittadini milanesi, colpiti a picconate in piena città» e dall'«attenzione dedicata dai mass-media alla tristissima vicenda». Secondo la corte «un omicidio plurimo di grande efferatezza e clamore mediatico diffonde l'idea dell'inefficienza delle attività intraprese» dal Comune «in sinergia e coordinamento con le iniziative del Prefetto e del Questore» sul tema della sicurezza. Una tesi su cui gli abitanti di Niguarda potrebbero avere da ridire.

Quell'incredibile strage, secondo i giudici, ha fatto ingiustamente credere che nel quartiere ci fosse problema di sicurezza. Ma non è che - vista la strage - la sicurezza fosse un problema reale?

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