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Kim il rosso provoca l'Armada del tycoon: lanciati missili anti-nave nel mar del Giappone

Quarta esibizione di forza del regime in un mese, il silenzio di Washington

Kim il rosso provoca l'Armada del tycoon: lanciati missili anti-nave nel mar del Giappone

Non sembra aver sortito l'effetto sperato la mossa del nuovo leader sudcoreano Moon Jae-in, che aveva appena annunciato la sospensione del sistema antimissilistico americano Thaad, che tanto irritava la Corea del Nord e la Cina. Moon sperava di aver compiuto una mossa decisiva per preparare la via della pace con il minaccioso vicino di Pyongyang, ma Kim Jong-un ha finto di non essersene accorto e ha fatto eseguire l'ennesima provocazione militare, lanciando dalla base di Wonsan una raffica di missili terra-acqua in direzione del mare del Giappone.

Dopo circa 200 chilometri i razzi si sono inabissati in acque internazionali, ma il messaggio era stato inviato. Il destinatario, in questa occasione, è sembrato essere Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha inviato - sia pure con tempi assai più comodi di quelli annunciati ormai diverse settimane fa - verso le acque coreane una flotta da guerra che dovrebbe nelle sue intenzioni ridurre a miti consigli il dittatore rimasto fermo ai tempi di Stalin, ma Kim ha voluto fargli capire (o credere) di essere in grado di colpire e affondare gioielli della marina americana come la Carl Vinson, la Ronald Reagan e la gigantesca portaerei Nimitz.

Si è trattato del quarto lancio di missili nordcoreani in un mese, e del decimo episodio dall'inizio del 2017. Non esattamente un tabellino soddisfacente per il presidente americano con il suo sfoggio di muscoli. Trump è anche stato messo in difficoltà dalla scelta di Moon, la cui linea di ricerca del compromesso con il Nord contraddice quella bellicosa del suo predecessore Hwang Kyo-ahn che con Trump si era accordato per l'installazione del Thaad. Ora la Casa Bianca si trova in una posizione difficile: concordare una nuova linea prudente con il presidente Moon, contraddicendo se stessa, oppure agire militarmente in solitudine contro la Corea del Nord, aprendo una crisi dalle prospettive difficilmente prevedibili a ogni livello.

D'altra parte, Trump ha motivazioni molto concrete per voler chiudere anche con l'uso della forza la partita con Kim Jong-un: il dittatore nordcoreano ha più volte minacciato apertamente gli Stati Uniti di colpire il loro territorio con armi nucleari, e quella che inizialmente sembrava solo propaganda comincia a preoccupare i vertici militari di Washington. Infatti, lo sviluppo dell'arsenale missilistico di Pyongyang, nonché quello di quello atomico, fa concretamente temere che entro pochi anni le peggiori minacce possano trasformarsi in fatti.

Prospettive che Trump ha più volte ripetuto di non voler consentire: troppi rischi per gli Stati Unti, ma anche per la sua immagine militarmente muscolare. Il conto alla rovescia verso la soluzione del nodo coreano è già cominciato.

Resta solo da capire come, ma probabilmente nemmeno Trump lo sa.

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