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Il ko di Mafia Capitale spacca la sinistra e rianima pure Marino

L'ex sindaco e il verdetto su Buzzi&C: caso cavalcato per cacciarmi. Ma Renzi lo liquida

Il ko di Mafia Capitale spacca la sinistra e rianima pure Marino

Roma Mafia o non mafia? E a sinistra si azzannano. È una notte dei lunghi coltelli quella che si consuma dentro e intorno al Partito democratico. Una resa dei conti senza fine scatenata dalla sentenza di primo grado per il processo Mafia Capitale. Il verdetto dei giudici, che hanno cancellato la parola mafia, annullando tre anni di narrativa sulle gesta di stampo mafioso della banda di criminali che gestiva gli affari di Roma, scoperchia di nuovo il vaso di Pandora democratico pieno di rancori mai sopiti. Al centro la figura del segretario, Matteo Renzi, che cerca di galleggiare sopra il marasma evitando di entrare direttamente nella polemica sulla questione di Roma mafiosa ma lasciando che sia il suo braccio destro, Matteo Orfini, a scendere nell'arena per difenderlo.

Il primo a scoccare la freccia avvelenata è stato un ex dem ora Mdp, Miguel Gotor: «Ricordo che teorema mafia capitale è servito ai garantisti Orfini e Renzi per giustificare l'emergenza commissariamento Pd e far fuori Marino». Tesi pienamente condivisa ovviamente dallo stesso Ignazio Marino che rilascia interviste fiume gettando veleno sugli attuali vertici dem. «Senza Mafia capitale e l'inchiesta sugli scontrini io sarei ancora in Campidoglio - attacca Marino - Soffro per l'agonia a cui è sottoposto il partito che ho contribuito a fondare. Sembrava che il Pd volesse affidare a me la rigenerazione del partito ma poi si è preferito rivolgersi a Orfini che garantiva totale asservimento a Renzi». D'altra parte Orfini e Renzi, chiosa Marino, «sono due professionisti della politica in senso deteriore».

L'ex premier vola alto e ricusa l'attacco. «Penso che le polemiche costanti della sinistra interna o esterna non meritino alcun tipo di risposta. Non faccio più polemiche contro quelli che se ne sono andati», assicura il segretario Pd. Ma se Renzi non fa polemiche Orfini è pronto a respingere gli attacchi. «Possiamo reagire in tanti modi alla sentenza di ieri. Ma il più sbagliato è quello forse più diffuso in queste ore: sostenere che si dovrebbe chiedere scusa a Roma perché Roma non è una città mafiosa - dice Orfini- Lo dico da romano innamorato della mia città: a Roma la mafia c'è. Ed è forte e radicata. Basta leggere le cronache per trovare la mafia ovunque». Per Orfini anche se i giudici hanno stabilito che «quella di Carminati non è mafia» occorre vedere «che cosa stabiliranno i prossimi gradi di giudizio» e comunque, conclude «a Roma la mafia c'è e ha dilagato usando la corruzione come grimaldello. Farebbe piacere anche a me poter dire che la mafia a Roma non c'è. Ma sarebbe una bugia».

E lo scontro prosegue anche dentro il Pd. Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera e consigliere comunale capitolino del Pd allo scopo di polemizzare con l'attuale sindaco Virginia Raggi (rea di continuare a parlare di Mafia Capitale) la pensa diversamente. Giachetti scrive sul suo profilo Facebook che «chi, d'ora in poi, accosterà la parola mafia alla parola Roma dimostrerà di non amare la città e i nostri concittadini, continuando sciaguratamente a speculare su una notizia falsa».

Notizia che falsa non è per il presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi. La sentenza «non sconfessa il lavoro meritorio della Procura di Roma, che ha scoperchiato un sistema criminale che ha tenuto in ostaggio per anni l'amministrazione capitolina» dice la Bindi che, in attesa di leggere le motivazioni dei magistrati romani avverte «non vorrei si tornasse a pensare che oggi le mafie sono ancora solamente Cosa Nostra, la 'Ndrangheta e la Camorra». E pure per il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.

«Le infiltrazioni mafiose nella nostra città ci sono e vanno sempre combattute».

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