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Il Labour masochista sceglie l'uomo che non può vincere

Jeremy Corbyn confermato alla guida della sinistra britannica. È l'ultimo chiodo sulla bara del blairismo

Il Labour masochista sceglie l'uomo che non può vincere

Londra È l'ultimo chiodo nella bara (politica) di Tony Blair. Volevano che si dimettesse e invece Corbyn stravince il suo secondo mandato come leader del Labour. La vittoria è stata annunciata ieri, alla vigilia del Congresso Annuale di Liverpool, dove Il candidato della sinistra radicale si ripresenterà forte dei suoi 313 mila voti, una percentuale del 61.8%, ancora più ampia della sua prima elezione. Una riconferma ampiamente preannunciata e quindi ancor più inspiegabile soprattutto guardando indietro, a un'estate a dir poco tumultuosa.

I guai per Corbyn erano iniziati subito la vittoria di Brexit, quando metà dei componenti del governo ombra avevano dato le dimissioni incolpandolo di non aver fatto una campagna convincente per rimanere in Europa. E mentre il suo seguito si riduceva e gli elettori entravano in confusione, in molti gli avevano chiesto di farsi da parte. Lui però aveva insistito per rimanere al suo posto per poi ricandidarsi alla leadership. L'establishment del partito aveva fatto di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote, controllando ossessivamente la regolarità di tutti i nuovi iscritti e vi sono indiscrezioni che a molti sia stato deliberatamente impedito di votare per ridurre la misura della sua vittoria. Un trionfo che -come osserva la Bbc - ora è più dolce proprio per questo motivo. Nel suo discorso di ringraziamento il leader si è detto «onorato» di aver vinto una gara difficile, dopo mesi di tensioni che hanno quasi spaccato il partito e ha chiesto alla gente di «rispettare la scelta democratica che è stata fatta». «Sono molte di più le cose che abbiamo in comune di quelle che ci dividono - ha dichiarato -oggi ripartiamo da zero e riprendiamo il lavoro che dobbiamo fare come partito». Il suo avversario Owen Smith - che aveva ammesso la sconfitta ancor prima di conoscere i risultati ufficiali - non ha potuto che incassare il colpo. «Jeremy ha vinto la corsa alla leadership - si è limitato a commentare ieri - adesso deve conquistarsi il Paese e in questo avrà il mio sostegno».

Una missione che almeno allo stato attuale sembra ancora impossibile. Perché una cosa è diventare la guida del Labour, un'altra vincere le elezioni. E tutti gli studi spiegano che la maggioranza degli elettori assomiglia ancora molto a quell'ala conservatrice di 170 colleghi che soltanto alcuni mesi fa presentarono una mozione di sfiducia contro Corbyn. Ora, se la politica è l'arte del possibile, non ci si dovrà sorprendere se alcuni di quelli fuggiti a gambe levate dal governo ombra, si ritroveranno a far parte del prossimo. Guadagnarsi il consenso della maggioranza dei votanti però, sarà tutta un'altra cosa. Lo sanno i suoi colleghi, glielo ricordano i sindacati che l'hanno sempre sostenuto. «Adesso Corbyn deve fare qualcosa di più parlando, non solo ai suoi fan plaudenti -ha detto ieri la parlamentare laburista Louise Ellmann - ma anche a quella vasta fascia dell'opinione pubblica che finora non ha convinto».

Secondo le agenzie di scommesse, in questo Paese ritenute fonti d'opinione autorevoli, la riconferma di Corbyn allontana, almeno fino al 2031, l'eventualità di una vittoria laburista alle politiche.

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