Cronache

Le lacrime del "Rosso" per la morte dell'ultrà. I pm: ucciso da due auto

Marco Piovella al gip: «Mi dispiace per Dede, ma io mi occupo solo di coreografie in curva»

Le lacrime del "Rosso" per la morte dell'ultrà. I pm: ucciso da due auto

Milano È stato un interrogatorio interrotto da diverse pause, in cui il «duro» della Curva Nord Marco Piovella si è anche commosso rievocando l'ultimo colloquio con Davide «Dede» Belardinelli. Le quasi tre ore davanti al gip di Milano Guido Salvini il capo dei Boys arrestato il 31 dicembre, assistito dall'avvocato Mirko Perlino, le ha condotte tra il silenzio quasi assoluto sul proprio ruolo di presunto organizzatore degli scontri di Santo Stefano prima di Inter-Napoli (e sugli altri leader sul campo di battaglia) e il dettagliato racconto di quello che ha visto nel momento in cui Belardinelli è stato investito.

«Sono responsabile delle coreografie nerazzurre, per questo faccio parte del direttivo della Nord e partecipo alle riunioni», si è limitato a dire Piovella, alias «il Rosso». Ha però respinto l'accusa, mossa dal più giovane degli arrestati, Luca Da Ros, di aver organizzato e coordinato la guerriglia scatenata in via Novara contro gli ultras del Napoli. Negli scontri sono rimasti feriti almeno tre tifosi partenopei e Belardinelli è rimasto ucciso. Anche se non ha fatto ammissioni sul presunto ruolo di comando nell'agguato teso ai tifosi avversari, Piovella consce uno per uno i suoi pari nella gerarchia ultra. E nel dichiarare di aver visto l'amico, poi morto, a terra all'inizio dei tafferugli e di averlo raccolto alla fine delle violenze ha indirettamente collocato sé stesso in via Novara per l'intera durata della battaglia.

Dopo la versione data dal «Rosso» prende sempre più corpo l'ipotesi che le auto coinvolte nell'omicidio del 39enne tifoso venuto da Varese siano due. Inoltre gli inquirenti a questo punto sono quasi convinti che le macchine (o una di esse) facessero proprio parte della colonna venuta da Napoli. Non quindi che si sia trattato di passanti finiti per caso nella guerriglia e fuggiti per paura. «Quando l'ho visto era già a terra - ha detto Piovella di Dede -, steso di traverso sulla carreggiata». Forse caduto perché colpito negli scontri. Oppure più probabilmente, come ha raccontato un altro degli indagati, sbattuto sull'asfalto da una prima vettura. Una volta al suolo, Belardinelli sarebbe stato schiacciato con le ruote posteriore e anteriore destra dalla seconda macchina. Due incidenti, o atti deliberati, in successione dunque. E due colpevoli, uno dei quali forse su un suv nero, ancora ricercati dalla Digos che è impegnata a scaricare e visionare un gran numero di immagini riprese nelle vie limitrofe a via Novara.

Piovella raccoglie l'amico e insieme ad altri lo carica a bordo dell'auto che lo porterà in ospedale. Su cui il «Rosso» però non sale. «Ho le gambe rotte. Portatemi al pronto soccorso», dice Belardinelli al compagno di curva. Né il ferito né l'amico capiscono in quel momento che le lesioni, non alle gambe ma al bacino, sono gravissime. «Per me Davide era come un fratello maggiore. Avevamo trascorso il Natale insieme», ha aggiunto Piovella. Il quale è accusato di rissa aggravata, lesioni e lancio di materiale pericoloso.

Il suo legale ha presentato istanza di scarcerazione al gip.

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