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L'addio ai fondi europei è una buona notizia

L'addio ai fondi europei è una buona notizia

Le quattro regioni europee con la minore occupazione femminile sono tutte italiane: si tratta, infatti, di Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata. In Europa la media delle donne che lavorano è del 62,4% e in Italia, nel suo complesso, il livello è comunque al 48,9%. Questi dati Eurostat confermano come la distanza tra il Mezzogiorno e l'Europa resti enorme, ma obbligano anche a sviluppare altre considerazioni. È infatti probabile che presto l'Italia del Sud perda una quota dei fondi europei.

Nei prossimi bilanci comunitari mancherà il contributo britannico e talune risorse saranno pure riservate ai Paesi pronti a realizzare riforme strutturali. Alla luce di questo, c'è chi come il Movimento Cinquestelle è già sceso in campo a difesa dei 4 miliardi di euro che il Sud potrebbe perdere. Nel corso degli anni passati, però, gli aiuti comunitari e nazionali non sono riusciti a evitare al Sud l'altissima disoccupazione giovanile e femminile. Il che dovrebbe indurre a capire che quella dei finanziamenti non è la strada per un vero sviluppo. Il caso del Mezzogiorno non è eccezionale, poiché è difficile trovare una società che si sia sviluppata grazie ad aiuti esterni. Fin dagli anni Cinquanta, l'economista Peter Bauer ha mostrato, anche avvalendosi della sua esperienza in India e in altre aree del Terzo Mondo, quali disastri accompagnano i finanziamenti di tipo esterno: che rafforzano il potere politico, distorcono i prezzi, disincentivano chi deve lavorare e investire.

Se il Sud vedrà venir meno una parte dei fondi europei, allora non sarà del tutto una cattiva notizia, soprattutto se servirà a comprendere che l'economia meridionale ha bisogno di altro e che, in particolare, necessita di un quadro istituzionale che l'aiuti a incamminarsi nella giusta direzione. Sarà sempre infatti difficile che l'occupazione cresca in Campania o in Calabria se i contratti resteranno nazionali, perché se il costo del lavoro è diverso in Danimarca e in Slovenia, non si capisce per quale motivo debba essere identico in Lombardia e in Sicilia. Quelle che un tempo erano chiamate le «gabbie salariali» avevano proprio la funzione di rendere interessante, per qualunque impresa, investire nelle regioni meridionali.

Oltre a ciò, al posto degli aiuti il Mezzogiorno deve esigere una vera capacità di autogoverno, che permetta di abbassare la tassazione. Le aliquote fiscali odierne sono molto alte per il Centro-Nord e, di conseguenza, sono assurdamente elevate per il Sud. Chi ha a cuore il futuro dell'economia meridionale deve riconoscere che con questa legislazione tributaria le più che eroiche attività produttive private oggi presenti al Sud sono costrette a sopportare un peso insopportabile e, in taluni casi, sono comprensibilmente spinte a ricorrere a varie forme di evasione. Il Sud deve trovare in sé le forze per una vera crescita e, ancor prima, riscoprire quella fiducia in se stesso che l'assistenzialismo ha fatto venir meno.

La scommessa non è facile, ma può essere vinta.

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