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Mogherini finisce rottamata: non difende i nostri interessi

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Mogherini finisce rottamata: non difende i nostri interessi

Roma - Adesso scatta la rottamazione fra coetanee. Tra Simona Bonafè e Federica Mogherini corre un mese. L'Alto rappresentante europeo è nata a giugno del 1973, l'eurodeputata e renziana doc a luglio dello stesso anno. Eppure, bastano quei 30 giorni, per far entrare la Mogherini nel mirino della Bonafè. Forse su istigazione di Palazzo Chigi.Gli uomini di Renzi non hanno impiegato troppo tempo per individuare «l'interlocutore» che mancherebbe alla Commissione europea. E dopo la denuncia di Bruxelles l'avrebbero individuato nella figura della Mogherini. E lo dicono off the record. Se Chigi traccia il solco, la Bonafè lo difende. «Io capisco che Federica Mogherini abbia l'obbligo di fedeltà al collegio dei commissari - dice Bonafè - vedo però che molti dei suoi colleghi che dovrebbero rappresentare l'Europa quanto lei non perdono occasione per difendere gli interessi nazionali».E per paura di non essere stata sufficientemente chiara su quel che pensa, l'eurodeputata aggiunge: «Devo ammettere che le ultime prese di posizione sullo scontro Renzi-Juncker della Mogherini mi sono sembrate un eccesso, mi hanno ricordato il detto fatta la festa gabbato lo santo». Come a dire: una volta incassata la nomina di Alto rappresentante, non difende più gli interessi nazionali.La Mogherini replica punto su punto. «È chiaro che io lavoro per tutta la Ue e i cittadini Ue. Ma le mie idee, la mia storia politica e la mia nazionalità non per questo scompaiono da un giorno all'altro». Poi, per annacquare le polemiche Roma-Bruxelles sulla mancanza di interlocutori italiani sui principali dossier, l'Alto rappresentante sottolinea che «gli interessi dell'Italia e della Ue coincidono» e «i canali con il governo italiano ci sono e sono sempre aperti, e anche gli scambi con il governo italiano ci sono per quello che vedo».Secondo le fonti europee, quel che manca a Bruxelles è un rappresentante, espressione del governo, in grado di coordinare i rapporti con la Commissione.Ruolo che, istituzionalmente, dovrebbe essere ricoperto da Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei. Anche se nessuno nel suo incarico politico ha mai svolto un ruolo del genere. Quel che manca a Bruxelles è un coordinatore dei diversi dossier. Mansione che, tradizionalmente, viene svolta dall'ufficio del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio. E che dovrebbe essere rafforzata in questo periodo, visto che Renzi ha sfiduciato Stefano Sannino, attuale ambasciatore presso la Rappresentanza italiana a Bruxelles. Lo avrebbe dovuto sostituire Cesare Ragaglini, oggi ambasciatore a Mosca. Ma il trasferimento non è stato ancora formalizzato. Questo clima di «incomunicabilità» tra Roma e Bruxelles è anche alimentato da lotte intestine fra diplomatici. Sannino è stato consigliere diplomatico di Prodi. Ha un'anzianità maggiore di quella dell'attuale consigliere diplomatico del presidente del Consiglio; eppure è stato scavalcato da questi nella nomina ad ambasciatore di rango. A nominarlo, però, non è stato Matteo Renzi, ma Enrico Letta nell'ultimo Consiglio dei ministri del suo governo. Renzi lo ha confermato nell'incarico ed ora dovrebbe premiarlo, nominandolo ambasciatore a Washington.

Promoveatur ut amoveatur, in vista dei riassetti di Palazzo Chigi.

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